11 ottobre 2016

Itaca per sempre (Luigi Malerba)


 Riscrivere un totem, ma senza nerbo. La prima epopea occidentale. E, probabilmente, la più famosa. L’odissea. E da lì iniziò la narrativa occidentale, dicono gli storici. Come non resistere al suo fascino. E come non restare ammaliati da Ulisse, comprimario risolutivo nella prima parte e protagonista assoluto della seconda parte del poema. E qui ce lo ritroviamo quasi alla fine. quando approda alla sua amata, agognata ( e a volte obliata, Circe dixit) Itaca, dove Penelope la moglie è sempre più bella e concupita e gli altri suoi cari non faticano a riconoscerlo subito, nonostante il travestimento. Ma Penelope prende tempo, non si sa mai. Vedi le donne, quante ne sanno.




Itaca è preda degli affamati, chiassosi e libidinosi Proci e il loro più focoso e potente esponente pare proprio stia per vincere le resistenze della regina e quindi prendere il posto del nostro.

Fin qui la storia è nota. Anche se troviamo invece che poesia una scabra ed asettica narrazione in prosa. Malerba coglie uno spunto interessante, molto umano e attuale. La reciproca diffidenza dei due coniugi, cioè Ulisse e Penelope, che l'ha subito riconosciuto ma non smascherato, per non metterlo in pericolo e anche pe farsi un’idea di chi è tornato, rispetto a chi è partito. Il tono leggermente misogino è attenuato da una scrittura lieve ed impalpabile, quasi impersonale. Sarebbe un interessante snodo, con sullo sfondo una trama nota dove magari poter fare agire visioni personali oppure aspetti universali di quella ragnatela di gesti, pensieri e sentimenti che è l'amore.
Così non succede.
Perché le riflessioni sono abbastanza amorfe, prive di movimento e contorcimenti, basiche e basilari. Non emergono grovigli, dipanamenti, pensieri liberi o prigionieri. E le iterazioni, spesso nello stesso paragrafo, sono talmente tante da suscitare irritazione. Insomma un bello spunto ma uno scarso sviluppo. Certo meglio della logorroica e vuota rivisitazione baricchiana dell'Iliade. Per quanto mi riguarda, ovvio. Bocciato, con una leggera e superflua delusione, come le numerose e stucchevoli ripetizioni che probabilmente hanno fatto diventare non gradevole un racconto normale che l’editoria ha fatto diventare romanzo.

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