Un vero e proprio outing. Mentre lo trasportano al
Policlinico Gemelli di Roma, Antonio Pennacchi pensa che in fondo è un uomo
fortunato. Secondo infarto, sempre in prossimità di pubblicazioni che lo hanno
impegnato a fondo ma anche liberato di tensioni artistiche ed espressive, con
l’impossibilità di esser curato a dovere a Latina, la cittadina che ama e dove
vive. Ma ce la farà. Roma lo aiuta ed in fondo lo ispira da quando è poco più
che un bambino. Ma Latina, la vecchia Littoria dei tempi del Duce, in realtà è
il crocevia dei tanti suoi ricordi, Certo, uno dei motivi principali che lo
animano da quando ha smesso di lavorare e si è laureato in Lettere è quello di
ristabilire alcune verità storiche, anzi preistoriche. Veramente l’Homo Sapiens
è tale oppure è una commistione di razze? L’urbanistica ha regalato alla sua
terra natia una dignità oppure è stato solo il solito affare gestito male dalla
politica e da speculatori? Pennacchi forse soffre di cuore perché ci tiene
troppo a dire la sua verità.
Irriverente come sempre, ironico a suo modo, egocentrico, cinico. Una autobiografia romanzata, schizofrenica per certi versi, che si dipana fra passato, presente e magari futuro. Pennacchi, autore di libri che comunque hanno fatto parlare di loro, come quello a me graditissimo dal titolo Canale Mussolini, ancora una volta si mostra per quello che è: controcorrente, contro tutti. In politica ha attraversato a suo modo - talvolta infelicemente - l’intero arco costituzionale ed anche extraparlamentare, poi alla fine è diventato un cane sciolto, un uomo solo ma fierissimo di quello che ha fatto e detto. Neanche anarchico, ma proprio destinato ad essere contro, anche se si nutre di affetti e ricordi dolci, fortissime passioni ideali. Certo, i ricordi vengono come capita e quindi il disordine può esser ammissibile, lo stile più che altre volte pare un poco ingessato, quasi volutamente non curato: ma comunque l’autore ci regala uno spaccato di Italia che, non si può negare, ci appartiene un poco a tutti. Non solo a chi abita a Latina e dintorni. Un Bukowski della provincia laziale direte, un ameno ed eccentrico burbero si vocifera o, forse meglio, nel bene e nel male di nome Antonio di cognome Pennacchi, così è se vi piace.
Irriverente come sempre, ironico a suo modo, egocentrico, cinico. Una autobiografia romanzata, schizofrenica per certi versi, che si dipana fra passato, presente e magari futuro. Pennacchi, autore di libri che comunque hanno fatto parlare di loro, come quello a me graditissimo dal titolo Canale Mussolini, ancora una volta si mostra per quello che è: controcorrente, contro tutti. In politica ha attraversato a suo modo - talvolta infelicemente - l’intero arco costituzionale ed anche extraparlamentare, poi alla fine è diventato un cane sciolto, un uomo solo ma fierissimo di quello che ha fatto e detto. Neanche anarchico, ma proprio destinato ad essere contro, anche se si nutre di affetti e ricordi dolci, fortissime passioni ideali. Certo, i ricordi vengono come capita e quindi il disordine può esser ammissibile, lo stile più che altre volte pare un poco ingessato, quasi volutamente non curato: ma comunque l’autore ci regala uno spaccato di Italia che, non si può negare, ci appartiene un poco a tutti. Non solo a chi abita a Latina e dintorni. Un Bukowski della provincia laziale direte, un ameno ed eccentrico burbero si vocifera o, forse meglio, nel bene e nel male di nome Antonio di cognome Pennacchi, così è se vi piace.
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