05 agosto 2018

Sorgo rosso (Mo Yan)


Questa Cina una volta così lontana, ora così vicina, anzi ormai compenetrata al mondo occidentale. Le sue lotte, le sue indipendenze e dipendenze. Una storia con sviluppo temporale non lineare, dove l’ultimo erede di una famiglia insofferente e ribelle ripercorre i passi salienti dei suoi avi, nonni e genitori in particolare.
Luoghi remoti di in paese vastissimo ed ormai superaffollato, durante gli anni violenti e devastanti delle tensioni interne, fra giapponesi invasori, comunisti ribelli e nazionalisti.
Un violento casino, dove però ci sono sentimenti, di tutte le razze e le geografie sentimentali. Amore odio coraggio paura e a volte anche un po’ di follia
Un incedere sempre compassato indirizza la narrazione su più piani temporali, in un periodo dove l’area cinese interessata dalla storia è solcata e a volte violentata dalle crude e impietosi leggi di una guerra. E domina il paesaggio il sorgo, da dove viene distillato sapientemente da quelle parti un vino memorabile che nessuno sa perché sia così buono. Il segreto sta nel mischiarlo con l’urina ed uno di quei trucchi che non si possono svelare. Ed è comunque un sorgo rosso, come il sangue, che scorre a fiotti su queste terre dove la pace ha dimenticato di alloggiare anche un solo secondo.

Nella folle caducità umana, nella baraonda degli eventi casuali che sviluppano le vite di ciascuno, una sorta di elogio della lentezza dei momenti che contano, anche se alla fine paiono crudeltà e violenza a sopraffare ogni efflato di amore. Yu Zhan'ao, il protagonista narrato dal nipote, è uno di quei personaggi che si ama o si odia, vittima e carnefice, eroe e brigante, innamorato e promiscuo, simbolo della ineffabile imperfezione umana. Echi del Marquez più famoso, in particolare sulla tragica ineluttabilità del destino e sulla cadenza ancestrale del nostro essere, ma sono dettagli.

09 maggio 2018

La tela del ragno (Sergio Flamigni)

Non si faceva che parlare di ciò. Niente cartoni animati, o regali per il prossimo compleanno. Questo Moro era invadente, era nei cuori e negli occhi di tutti noi. Anche di chi non l'aveva mai visto o sentito e neanche immaginava chi fosse. Nell'epoca in cui finalmente arrivavano le cosiddette televisioni libere, la onnipresente Rai faceva il proprio comodo, i telegiornali non avevano contraddittorio, ammesso e non concesso che in futuro sia venuto il tutto, dopo il lutto. Era il 1978, quarant'anni  fa. 

06 maggio 2018

Purity (Jonathan Franzen)


No, non siamo puri. Ma siamo soli, ecco. Abbiamo bisogno di purità? Nel senso, vogliamo essere candidi, senza macchia e senza paura, come i cavalieri o i principi (principesse) azzurri? O forse alla fine questo torbido che ci annacqua e sporca bisogna accettarlo e farsene una ragione. Nel senso farci vedere senza schermi, essere liberi ma diversi quanto uguali ed accettare le conseguenze. Certo che io non lo so, ci mancherebbe. Trovo il mondo un po’ opaco, perché anche le più grandi sincerità nascondono un velo di tristezza ed un certo scudo invisibile che serve a proteggersi, come i supereroi della Marvel. La purezza questa sconosciuta. Trattasi di categoria spirituale o di atteggiamento verso la vita o verso gli altri? Il nodo scorsoio in cui è stretto il nocciolo del significato di questo romano di Franzen è una domanda alla fine senza una risposta assolutoria ed apodittica. Impossibile peraltro, anche per uno scrittore congetturale. Se non siamo proprio angeli, non è colpa della sfiga. Perché bene e male, qualunque accezione vogliamo dargli, abitano dentro di noi. Anche voi eh, mica siete esenti. 

03 marzo 2018

Il paese delle meraviglie (Giuseppe Culicchia)

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Il paese delle meraviglie. Come è da bambini. Ma poi. Si cresce, è un obbligo, tutti i panorami, le scene cambiano prospettiva, colore, tonalità, tutto quello che insomma si chiama semplicemente significato. E il paese delle meraviglie, passata l'età della falsa ed ingannevole cuccagna diventa l'Italia attuale, una sorta di repubblica delle banane. Siamo negli settanta, ai margini della metropoli. Molto provincia, sin troppo. Intorno il Piemonte, la pioggia, le montagne sullo sfondo che paiono sorvegliarti, quasi minacciose, da qui non passa lo straniero e nemmeno la novità. 
Cielo grigio, monotonia, pochi rumori. E' difficile fare i bambini come è difficilissimo crescere. Aiutano i sogni, come sempre, come è normale.
E ancora pioggia e cuori nella bufera, con gli ormoni che a quattordici anni sono come un torrente in piena. cose sono cambiate. O forse no. L’adolescenza di Attilio, tra episodi buffi, qualche goffaggine e qualche drammatica scelta senza ritorno. M'altronde piccoli si nasce, il problema è se ci si diventa. 
E dunque adolescenza, e poi formazione negli anni settanta, tra televisione a colori che sembrano un miracolo e per ora sono solo un miraggio per i ceti meno abbienti.