Questa Cina una volta così lontana, ora così
vicina, anzi ormai compenetrata al mondo occidentale. Le sue lotte, le sue
indipendenze e dipendenze. Una storia con sviluppo temporale non lineare, dove
l’ultimo erede di una famiglia insofferente e ribelle ripercorre i passi
salienti dei suoi avi, nonni e genitori in particolare.
Luoghi remoti di in paese vastissimo ed ormai
superaffollato, durante gli anni violenti e devastanti delle tensioni interne,
fra giapponesi invasori, comunisti ribelli e nazionalisti.
Un violento casino, dove però ci sono
sentimenti, di tutte le razze e le geografie sentimentali. Amore odio coraggio
paura e a volte anche un po’ di follia
Un incedere sempre compassato indirizza la
narrazione su più piani temporali, in un periodo dove l’area cinese interessata
dalla storia è solcata e a volte violentata dalle crude e impietosi leggi di
una guerra. E domina il paesaggio il sorgo, da dove viene distillato sapientemente
da quelle parti un vino memorabile che nessuno sa perché sia così buono. Il
segreto sta nel mischiarlo con l’urina ed uno di quei trucchi che non si
possono svelare. Ed è comunque un sorgo rosso, come il sangue, che scorre a
fiotti su queste terre dove la pace ha dimenticato di alloggiare anche un solo
secondo.
Nella folle caducità umana, nella baraonda degli
eventi casuali che sviluppano le vite di ciascuno, una sorta di elogio della
lentezza dei momenti che contano, anche se alla fine paiono crudeltà e violenza a sopraffare ogni efflato di amore. Yu Zhan'ao, il protagonista narrato dal
nipote, è uno di quei personaggi che si ama o si odia, vittima e carnefice,
eroe e brigante, innamorato e promiscuo, simbolo della ineffabile imperfezione
umana. Echi del Marquez più famoso, in particolare sulla tragica ineluttabilità del destino e sulla cadenza ancestrale del nostro essere, ma sono dettagli.