Inseguire l’azzurro. Per colorare la nostra vita un po' grigia, a volte, anzi spesso, al di là delle contingenze. Già, l'azzurro, quello là, sopra le nostre teste.Non il principe, miei cari
romantici, ma il cielo. Sono come Icaro, ricordate? Perché gli aquiloni, un po’
come i nostri desideri, volano in alto e vogliono salire più che possono, sono
tutti come quel mitologico eroe che poi s’è bruciato o meglio è caduto perché è
arrivato troppo vicino al sole e le ali si son squagliate.
26 agosto 2018
12 agosto 2018
Piccoli suicidi fra amici (Arto Paasilinna)
Il
maldestro ma risoluto Onni Rellonen fa conoscenza del militaresco colonnello Hermanni
Kemppainen in uno di quei momenti in cui si cerca la massima solitudine: un
tentativo di suicidarsi. Avendo scampato il gesto efferato, i due decidono che
è meglio farlo assieme ad altri come loro, è più facile, meno possibilità di imprevisti
o ripensamenti. Arruolano la bella e dannata Helena Puusaari e mettono in atto il
loro progetto. Ma niente sarà come prima, compresa la vita e la morte. O quel
che ne rimane .
Trovati
un momento topico, drammatico, catartico e ancestrale come il suicidio.
Ambientalo nella remota e tutto sommato sconosciuta Finlandia, dato che il
mito dei paesi nordici in genere è stato scippato dalla tria de
Danimarca-Svezia-Norvegia. Mettici un tre personaggi bizzarri scarsamente
tratteggiati, per niente indimenticabili ma funzionali.
La
ricetta è un romanzetto easy, dal finale scontato, con qualche trovata bizzarramente sarcastica, magari anche originale e suadente.
A
parte scoprire che il finlandese Paasilina è dotato di uno humour a volte dai
sapori mediterranei, Piccoli suicidi fra amici è un divertissment letterario che però personalmente fatico a definire romanzo, con una trama banalotta, un
romanzo di formazione per una serie di disperati e sbeffeggiati dall’autore,
che manche di ritmo e profondità. Si può fare
e regalare divertimento anche con un romanzo, ma c’è chi lo ha fatto
meglio, almeno per me.
Insomma
una mezza delusione, a parte l’aver appreso gli ettolitri di alcol che
ingurgitano i nativi del remoto paese scandinavo ed aver apprezzato alcune
notazioni sulla fierezza di un popolo minuscolo ma molto legato al proprio
territorio. Il resto francamente mi apre poco, a volte quasi niente, troppo
superficiale o solo accennato.
Sarà
stata magari la traduzione, ma lo stile è piatto. E le encomiabili avventure di
decine di depressi che hanno fallito l’annientamento per sfiga o ripensamenti
vacillanti, diventerà una ricerca di una nuova vita ripensando costantemente
al tentativo di finirla, una storia che però non aspira ad insegnare qualcosa, ma
a diventare una ironica barzelletta neanche troppo divertente. Mandare un
messaggio encomiabile in modo originale e ammiccante è pretesa interessante ma
non è detto che sia alla portata di tutti.
05 agosto 2018
Sorgo rosso (Mo Yan)
Questa Cina una volta così lontana, ora così
vicina, anzi ormai compenetrata al mondo occidentale. Le sue lotte, le sue
indipendenze e dipendenze. Una storia con sviluppo temporale non lineare, dove
l’ultimo erede di una famiglia insofferente e ribelle ripercorre i passi
salienti dei suoi avi, nonni e genitori in particolare.
Luoghi remoti di in paese vastissimo ed ormai
superaffollato, durante gli anni violenti e devastanti delle tensioni interne,
fra giapponesi invasori, comunisti ribelli e nazionalisti.
Un violento casino, dove però ci sono
sentimenti, di tutte le razze e le geografie sentimentali. Amore odio coraggio
paura e a volte anche un po’ di follia
Un incedere sempre compassato indirizza la
narrazione su più piani temporali, in un periodo dove l’area cinese interessata
dalla storia è solcata e a volte violentata dalle crude e impietosi leggi di
una guerra. E domina il paesaggio il sorgo, da dove viene distillato sapientemente
da quelle parti un vino memorabile che nessuno sa perché sia così buono. Il
segreto sta nel mischiarlo con l’urina ed uno di quei trucchi che non si
possono svelare. Ed è comunque un sorgo rosso, come il sangue, che scorre a
fiotti su queste terre dove la pace ha dimenticato di alloggiare anche un solo
secondo.
Nella folle caducità umana, nella baraonda degli
eventi casuali che sviluppano le vite di ciascuno, una sorta di elogio della
lentezza dei momenti che contano, anche se alla fine paiono crudeltà e violenza a sopraffare ogni efflato di amore. Yu Zhan'ao, il protagonista narrato dal
nipote, è uno di quei personaggi che si ama o si odia, vittima e carnefice,
eroe e brigante, innamorato e promiscuo, simbolo della ineffabile imperfezione
umana. Echi del Marquez più famoso, in particolare sulla tragica ineluttabilità del destino e sulla cadenza ancestrale del nostro essere, ma sono dettagli.
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Sorgo rosso
09 maggio 2018
La tela del ragno (Sergio Flamigni)
Non si faceva che parlare di ciò. Niente cartoni animati, o regali per il prossimo compleanno. Questo Moro era invadente, era nei cuori e negli occhi di tutti noi. Anche di chi non l'aveva mai visto o sentito e neanche immaginava chi fosse. Nell'epoca in cui finalmente arrivavano le cosiddette televisioni libere, la onnipresente Rai faceva il proprio comodo, i telegiornali non avevano contraddittorio, ammesso e non concesso che in futuro sia venuto il tutto, dopo il lutto. Era il 1978, quarant'anni fa.
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