Ma quale Ammaniti, per
favore. Ma quale Avallone, dio ce
ne scampi liberi o il professor Umberto Eco e compagnia bella. La letteratura è
anche messaggio, speranza. Eccolo allora, un libro che lascia positività.
Abbandonate i talk show, liberatevi dai romanzi feulleiton, dalle narrative posticce e
falsamente ben scritte, dalle narrazioni consolatorie o con alto tasso di
diabete congenito e contagioso
C’ è ancora spazio per i sogni più comuni, per le avventure cruente dal finale
lieto ma non troppo e che comunque non sono smielate. C’è ancora voglia di
poter avere un futuro diverso, meno ingiusto e fosco. Ce lo racconta Flavio
Soriga in questo suo nuovo e riuscito romanzo.
Nella isola/continente a sé stante di Hermosa, sperduta isola dimenticata nel
mare, infatti, assistiamo rapiti alle gesta epicamente romantiche dell’ ex
nobile Aurelio Cabré di Rosacroce, una volta brillante rampollo di una delle
nobili casate più importanti dell’isola, avviato ad una redditizia e brillante
carriera presso un importante prelato ma poi tornato alla sua terra natia da
Venezia perché convinto che quel mondo non va bene ed ha bisogno di lui.
Innamorato delle idee e della vita, portatore di ideali e vitalità, coraggioso,
avveduto, amante ed amato, uomo eroe ma con i suoi limiti e difetti umani, il
Rosacroce, che da brigante si fa appellare Spartaco, come il leader di una
rivoluzione di schiavi in epoca romana, è il tipico personaggio che non può non
catturare il lettore, non può far sussultare, non può insomma lasciare
indifferenti. In un epoca di stravolgimenti, con la rivoluzione francese che
ormai sta varcando i propri confini per rivoluzionare l’intero occidente, il
Rosacroce è combattuto fra il cedere agli stranieri per cambiare l’ambiente
claustrofobico e feudale che domina la sua isola oppure difenderla per poi
cambiarla da soli, senza interventi di terzi.
Il tutto fra preghiere, vendette, intrighi, tradimenti, amicizia ed amori ora veloci e fuggiaschi ora ricolmi di
pura passione carnale. Ed al momento giusto, quello determinante, il re,
considerato da tutti inetto e pavido, sarà il vero autore del catartico cambio
di prospettiva, quando il male pareva alle porte ed invece può essere messo da
parte se non sconfitto. Da burattino a burattinaio ed il colpo di scena finale
è servito. Ed Hermosa, ovvero la Sardegna archetipica e feudale, per un attimo
si sentirà il centro del mondo, non il mondo normale ma quello che tutti vorremmo
avere.
Un gran bel racconto, di una voce nuova ed arguta, nel panorama della nostra
narrativa, un fulmine a ciel sereno, questo “Il cuore dei briganti”. Su uno
schema che rielabora quello del classico romanzo picaresco di avventure, con
toni ora morbidi ora arguti od efferati, si legge una narrazione spedita e ben
architettata. In una fase storica dove, specie in Italia, riesce difficile
sperare e sognare per una serie di motivi, un testo intenso e romantico nel
senso più ampio e moderno del termine, dove coraggio, azione, amore, utopia
anche facendo a pugni con la realtà per una volta (almeno una volta) vincono o
perlomeno non perdono, come nelle fiabe più belle.
Dopo l’ormai lontano esordio nel 2000 con un raccolta di racconti, il
trentacinquenne Soriga ormai si avvia alla maturità artistica, confermano le
già positive impressioni suscitate con i suoi precedenti romanzi. La sua è una
affabulazione brillante, spesso improntata a tecniche formali non convenzionali
ma non per questo eccessivamente capziose o autoreferenziali, con un uso
attento e personale della lingua, ricercata e talvolta dall’impronta epica, ma
mai ridondante. Ci voleva una lettura così, di quelle che ti rimettono in pace
con la speranza.
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pubblicata su www.ciao.it
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