Chissà se arrivano come da noi le numerose e
concomitanti offerte di linee Adsl, ad Atlantide, chiamandoti a dorari inopportuni. e quanto costeranno le
bollette, se è data la possibilità dell'addebito bancario oppure. Chissà se è possibile chiamare qualcuno
o ricevere una telefonata anonima, anche lì, magari misteriosa.
Dubbi importanti ed anche carichi di una certa
suadente magia, un proprio fascino.
Peccato comunque che il romanzo corposo in questione, uscito la
prima volta per Sironi nel 2003 e poi ora in edizione Einaudi, non parla di
Atlantide ed il telefono non ha una significato preminente, anche se
telefonicamente avvengono numerosi degli svariati incredibili contatti che
animano la trama e confezionano un racconto che seppur dalle dimensioni
decisamente voluminose e terrorizzanti (siamo sulle 500 pagine), non annoia,
anzi intriga.
Spazzando subito via gli equivoci, il romanzo è un brillante
esordio dell'allora sconosciuto Tullio Avoledo, friulano che lavora in banca,
nato nel 1957, il cui stile è una mistura con qualche smagliatura che non
deborda a poco estetica cellulite narrativa, dove si fondono più o meno
sapientemente diversi generi, dall'imperante noir di matrice nordamericana,
alla spy story, al dilagante esoterismo intriso di pseudo storicismo che si
innerva sul filone magico-egizio, filone succulento come vendite ma secondo me
esangue come novità , senza voler dimenticare l'ovvio tributo a canoni e
stilemi del giallo più tradizionale. In questo allegro pandemonio di differenti
generi, Avoledo dimostra una magmatica torrenziale
vis narrativa, una discreta fantasia e nel complesso una discreta personalità
stilistica. Certo qui eravamo ai suoi esordi, la misura e la compostezza non
sempre si mantengono.
La storia complessa e vertiginosa ma nel complesso lineare,
narra le peripezie di un Giulio Rovedo, alterego dello scrittore, in balia
delle vertigini di mezza età, sulla via del defenestramento dalla propria banca
e abitante a tempo perso in un condominio dove si affollano strani vicini e ben
presto si scopriranno acque dal poter miracoloso e vivificante per
l'eternità.
Attraverso qualche colpo di scena (non magistrale in verità)
la vicenda arriverà a svelare il tentativo di una misteriosa multinazionale di
scoprire addirittura l'Arca dell'Alleanza.
Ed allora il maggior pregio nella intricata storia, di cui
sarebbe prolisso e tutto sommato anche inutile sviscerare i diversi segmenti
narrativi, è la capacità di attrarre e soddisfare diversi palati. La raffigurazione del
protagonista, della moglie, della mantide religiosa Cecilia Mazzi prorompente
nelle sue voglie sessuali e di altri personaggi, risulta quantomeno
accattivante e non è resa schiava dalle esigenze fabulistiche e tutti, anche le
comparsate minori, hanno in qualche caso una loro dignità ed autonomia, senza
nemmeno cadere in insidiose ridondanze dovute alle necessità di non sfilacciare
un ordito narrativo come detto quantomeno prosperoso.
E lo stile è quanto personale tanto non appesantito, anche se
nel corso di qualche capitolo si nota qualche malcelato barocchismo e qualche
deviazione dal registro principale che però, tutto sommato, appare
inevitabile.
Opera forse dell'editing (ovvero il lavoro sfiancante di
confezionare un testo per la stampa) svolto sul romanzo da Giulio Mozzi,
attualmente uno dei più noti divulgatori dell'arte scrittoria attraverso corsi
specifici, accaparrato da Einaudi e saggiamente ringraziato da Avoledo per il lavoro
svolto. Non sta me decidere se e quanto questi insegnanti di scrittura hanno
anche un'anima, oltre che capacità di confezione. Per stavolta il giudizio è
positivo.
Una lettura insomma non completamente disimpegnata e non priva di qualche suo perché, adatta all'ombrellone e alle serate calde passate sul terrazzo, da segnalare con convinzione data la totale atipicità rispetto alla stanca e stantia produzione italiana attuale, un'opera a metà fra il fantascientifico ed il magico che irrora l'arido fiume di libri attualmente scritti da pseudo scrittori made in italy. Godetevi insomma un po' di Indiana Jones all'italiana, anche se non è per forza belloccio, non ha uno spiccato accento dialettale magari meridionale e non è iscritto a nessun partito a quanto se ne sappia.
***
Pubblicata su www.ciao.it
Una lettura insomma non completamente disimpegnata e non priva di qualche suo perché, adatta all'ombrellone e alle serate calde passate sul terrazzo, da segnalare con convinzione data la totale atipicità rispetto alla stanca e stantia produzione italiana attuale, un'opera a metà fra il fantascientifico ed il magico che irrora l'arido fiume di libri attualmente scritti da pseudo scrittori made in italy. Godetevi insomma un po' di Indiana Jones all'italiana, anche se non è per forza belloccio, non ha uno spiccato accento dialettale magari meridionale e non è iscritto a nessun partito a quanto se ne sappia.
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