24 ottobre 2014

Anni luce (Maggie Gee)

Lottie Lucas ha tutto, o meglio, pensa ciò che vuole e poi lo compra. Encomiabile. Nessuno le ha spiegato che però certe essenze, presenze od assenze non hanno prezzo, anche se, per i misteri dell’economia sentimentale, hanno dei costi altissimi da pagare. E’ una donna che nelle apparenze non dovrebbe nemmeno essere sfiorata dalle contingenze, dalle avversità. Gode anche di ottima salute. Ma allora perché suo marito Harold la abbandona? E soprattutto: come possono bastare le sue pur ingenti disponibilità economiche a riacquistare o comprare di nuovo ciò che non ha prezzo?




Harold invece non ha nulla. Baciato dalla fortuna o benvoluto dal caso, ha sposato una donna che certo non lo assillerà con problemi di denaro né da lui pretenderà carriere lavorative. Ma per il resto, un disastro. Scrittore che non scrive, insegnante che non insegna, pessimo venditore di sé stesso, delle sue vere o presunte qualità, perennemente in debito con la propria coscienza. I suoi 45 anni hanno registrato una pesante svalutazione di idee, ideali, tensioni, passioni. Come un broker disperato, che vede crollare il castello di carta delle suo operazioni in nella borsa dei sentimenti, tenta un gesto risolutorio quanto disperato, investendo i suoi poveri risparmi emotivi nell’abbandonare la moglie, colpevole a suo dire, di sorda, ingorda, ribalda insensibilità.
E allora fu il caos.

«Quando torni?».
«Non torno».
«Quando torni? Perché tu tornerai».
Harold sbatte la porta e va ramingo, povero dentro e fuori. Lottie vede d’un colpo sfiorire ed avvizzire la sua ricchezza materiale e precipita in una depressione interiore che nessuno pazzo shopping nel cuore di Londra potrà lenire. In mezzo ai due il povero figlio Dewey, nato da una precedente ed effimera relazione di Lottie, dedito a dimenticare, per sopravvivere, di capire ed intuire gli spasmi e le spossatezze dei due negletti genitori cercando nel contempo di vivere una sua propria vita con tutti gli errori macroscopici che l’adolescenza riserva a ciascuno di noi.
Lottie ed Harold non sono certo dei ragionieri provetti, per una loro certe congenita superficialità nell’approntare registri dell’entrate e delle uscite sul piano dei sentimenti e delle emozioni. Certo che in ogni caso il loro status denuncia profondi e laceranti deficit che nessuna manovra erotica o lussuriosa potrà mai appianare certi assegni in bianco mandano sempre a monte le cupidigie o le velleità. L’amore è l’amore, senza prezzo, privo o ricco di apprezzamento che sia, un problema se volete di difficile soluzione, ma comunque sensazione-emozione-azione senza pari ed impagabile, né in contanti, né a rate. Non c’è inflazione o deflazione, manovra correttiva o risanamento del cuore che tenga.
Riusciranno in questi saldi di fine stagione amorosa a ricomprare affetti ormai diventati esosi? Riusciranno a non contrarre debiti insostenibili e a riacquistare a prezzo debito istanti di serena e sincera felicità?


Non so per certo quanto ancora nel corso dei secoli l’incidenza delle condizioni socio-economiche possa aver compassato, compresso, condizionato l’amore. Certo oggi siamo in un’epoca dove almeno in linea teorica tutti (o quasi…) possono aspirare ad arrivare a tutto (o quasi..), purché, appunto, ci si impegni il dovuto.
Tenuto conto comunque che non sempre e non in ogni dove le differenze di censo sono state attenuate e le caste abolite del tutto o in parte. Ma se si è inadeguati le nostre piccolezze diventano ancor più ridicole, al cospetto del magnifico ed ignoto movimento che anima l’universo e le stelle più lontane da noi, compreso il Sole che ha ancora solo 5 miliardi di anni di vita, come dice la Gee, che brillantemente intercala la narrazione a piccole pillole sulla cosmogonia, a significare quanto siamo niente e quanto nello stesso tempo, pur facendo sesso, siamo lontani fra noi distanze siderali e anche quando ci pare di morire, altrove c’è luce, energia, caos, freddo e caldo. Ed il tempo scorre, qui come su Saturno, anche se c’è primavera mentre su Venere è sempre inverno.


Il romanzo ha degli ottimi momenti, il ritmo sostenuto e scandito da trovate brillanti e originali, uno stile sobrio, irresistibili strali intrisi di un umorismo corrosivo ma non propriamente acido, di certo molto incisivo. Resta il fatto che talvolta (troppo spesso, per i miei gusti) la Gee si lascia andare, non so se per incontrare i favori di un più vasto pubblico o per debolezze congenite alla sua visione e costruzione della narrazione, finendo purtroppo per annaspare in passaggi da letteratura rosa di second’ordine. Pecche che rendono il romanzo instabile ed a suo modo scomposto e che mi fanno attribuire un giudizio di sufficienza invece che di quasi eccellenza, anche se rimane una buona prova (inizio di una trilogia) ben ambientato negli anni ottanta inglesi fatti, come da noi, di rampantismo e qualunquismo politico tout court. L’autrice è britannica, nata a Poole nel 1948, ed attualmente vive a Londra, abbastanza nota nell’ambiente non solo come mera scrittrice ma anche per la sua attività culturale in senso lato.

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Su ciao.it   14.06.2010

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