Uomini, donne, nonni e bambini. Vite normali. Aspirazioni forse, sogni
certo, sicuramente ansie, paure, le difficoltà di capire cosa e perché
viviamo, 'che forse non è sempre giusto quello che ci succede e
sicuramente non sempre è corretto l'agire o il reagire. Uomini, donne,
passati, presenti futuri. Questa diavolo di vita normale, che normale però non
è, anzi talvolta è difficile, capite. Non sempre siamo pronti. A volte
siamo magari preparati, abbiamo seguito un corso di educazione
all'esistenza da parte della società composta, moderata ed agiata che ci
manovra e struttura. Ma poi un meccanismo si rompe, una cellula magari
marginale si ribella, un sentimento diventa da quieto e dormiente
furioso ed impaziente. Qualcosa si inceppa. Anche se magari ci sentiamo
bene, qualcosa si rompe, una piccola bomba emotiva deflagra. Una
esplosione anche minima e silenziosa e via, niente più rumore e
arrendevolezza. It's a wonderful world. Maybe.
Bill e Arlene Miller sono turbati. Il lavoro non convince, la fame di quello che si può di più li avvince, i loro vicini gli offrono di portare la cena al cane dovendo andare via, stanno partendo per i loro misteriosi viaggi verso dove verso quando. Tutto non sarà lo stesso, nel piccolo e nel grande. La cameriera Dreen mentre suo marito annaspa, riesce ad afferrare un lavoro in un distributore di panini. Probabilmente sogna un dispositivo che sia in grado di farsi elargire eleganza e dolcezza da suo marito, ma intanto guadagna quei quattro fottuti soldi. Ralph è posseduto da una ossessione. Sua moglie. Una sera, una sola piccola dannata sera per andarsene con un amico di famiglia poi. Dove? Perché? Cosa hanno fatto? Hanno continuato poi? Non meritava qualcosa in più magari lui? Che ne so, vai a sapere. Jerry e Bill sono amici da una vita. Ma la vita non sta ferma, nessuna cosa si immobilizza e quindi succede che Jerry diventa quello che è e non voleva essere, Bill assiste, passivo ed immobile, quasi che il suo fosse un mero fosco presagio che diventa realtà. Quattro incipit di nove brevi digressioni narrative, che dicono e vagano ancora ed oltre, nel cuore degli Stati Uniti dove non ci sono star e milioni, nei sobborghi di piccole grandi città che non devono per forza essere Los Angeles o New York, ascoltare, descrivere, operare chirurgicamente sulle interiora di persone comuni, che potrebbero vivere tranquillamente da qualsiasi parte come quella in cui vivono, i cui vagiti o rigurgiti non sono globali ma globalmente ci appartengono. Nove piccoli racconti che si muovono e che ti animano, nove piccole, minimali spicchi di realtà che sono parti di un frutto del peccato, nove modi di dire basta o di far dire basta a vite sbadigliate, a sessi senza sesso, a quello che non volevo però.
Spesso e volentieri, me ne darete atto, la narrativa ed il cinema soprattutto hanno una tendenza comune. Quella cioé di virare, in maniera abbastanza sincopata se non schizofrenica verso l'alto od il basso. Parlo di gradini della moralità, del comune senso del pudore, di ciò che può attrarre il lettore. L'esagerazione la fa da padrone, il contenuto del narrato deve avere una eccezionalità, uno scarto dalla norma, una evidenza che fa da magnete, da specchio per le allodole, anche se poi magari si vuole alludere a ben altro. Questo come regola di base. Ma poi.
Da questa secolare costante (e badate bene anche le correnti cosiddette realistiche ne subirono le conseguenze) proprio per fare differenza nacque il minimalismo, fase letteraria e credo anche cinematografica cui appartiene questa preziosa raccolta di racconti.
Eccovi qui questo libro, di cui è necessario comunque conoscere preamboli e postfazioni, un libro non eccessivamente crudele o pulp, ma dalla intensa carica emotiva, dall'aspetto dimesso e dalla intensità se non maestosa quantomeno significativa.
Nel 1993 il regista americano Robert Altman vinse il Leone d'oro a Venezia con "America oggi" (infelice traduzione di "Short cuts") un film ispirato da una libera trasposizione di nove racconti e una poesia di un narratore americano, Raymond Carver, notissimo nel suo paese, un poco meno in Europa, quasi misconosciuto in Italia, se non altro perché si dedicò in gran parte nella sua attività prettamente narrativa al racconto, genere nella nostra nazione abbastanza osteggiato e inviso, mentre negli Usa è tenuto in grande considerazione. Misteri italiani, paese che legge pochissimo, a livello non europeo ma africano (ma in Africa non distribuiscono libri e nemmeno acqua e cibo, se è per è questo) ma che in compenso scrive senza sosta, la produzione editoriale è a livelli stratosferici, come i prezzi dei tascabili, dati non personali ma della Associazione Italiana Editori, che lamenta insostenibilità e leggerezza ma non fa autocritica e nel suo piccolo ed immenso sottobosco continua a lucrare con i sogni e le velleità artistiche di casalinghe, pensionati, impiegati di concetto. Come spesso sostengo la Letteratura non è democratica, lo è la lettura, ma bando alle digressioni.
In questo piccolo volume della meritevole casa editrice Minum fax si mette a disposizione il materiale narrativo che ha fatto da sostrato al famoso film citato e che mette illustra, senza dubbio, le maggiori qualità di un narratore di sostanza, di forma e contenuto, abile nel minimizzare nello stesso tempo ingrandendo e rendendo emblematiche piccole follie quotidiane, piccole storie di ordinaria follia
Ho conosciuto Raymond Carver per mero e puro caso. Succede, immagino sappiate già. No, niente copertina accattivante mentre ramingo e fuggitivo m'aggiravo per una libreria, magari online, nessun regalo romantico, in vista di San Valentino magari, da parte di amanti, mogli, genitori ed amici. E' successo che ho scritto un libro, in cui credo personalmente abbastanza molto e che sono sicuro che non cambierà né la storia del mondo attuale e di quello futuro né quella della letteratura. Io ne sono soddisfatto, molti che lo hanno letto pure e va bene così, direi, ce ne fossero. Il discorso è che nelle mie quasi trecento opinioni su ciao qualcuna la pubblico sulla sezione Ciao caffè e questo autore americano (1938-1998) me lo indicano in molti. Diffidente a prima vista delle analogie,sorpreso delle citazioni non volute, mi segno questo nome ma me ne dimentico, salvo che poi qualcuno me lo ricorda e me lo evidenzia. Con successo, direi.
Questo è un ottimo volume, per chi vuole conoscere lo scrittore e per chi vuole capire più del film, corredato di interviste e di una introduzione di Altman altamente esplicativa seppur breve, a dimostrazione che la logorrea non è per forza necessaria. Cinque stelle dunque non a me, ma alla straordinaria e lucida capacità di Carver di immortalare su pagina tendenze e pertubanze così comuni che quasi facciamo finta di non vedere, senza fare male, ma con eleganza, quasi ritrosia. Di solito parlo dei contenuti, ma mi sia consentito statvolta elogiare in maniera non asettica anche la qualità editoriale del "prodotto" recensito.
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