04 dicembre 2014

La banda della magliana (Gianni Flamini)

Un pugno allo stomaco. Un conato di vomito. Una rabbia sorda e cieca. Leggere alcuni libri fa male, ti graffia il cuore, ti fa sentire indignato, perso, sconfitto. E soprattutto ti fa vergognare di essere in una nazione corrotta e corporativa, dove dietro la facciata esteriore si nasconde di tutto e di più e alle spalle del cittadino comune vengono commessi efferati delitti e variegate ruberie. 
Per capire il DNA italiano, per arrivare a comprendere lo sfacelo attuale delle istituzioni, per avere insomma consapevolezza di quanto fango si è accumulato e stratificato negli anni ebbene la storia della Banda della Magliana è esemplare. 

A Roma, sul finire degli anni settanta non c'è solo l'abbacchio alla scottadito, la speculazione edilizia nelle borgate, la squadra di calcio che annaspa in anonimo centroclassifica di serie A, scontri di piazza tra studenti di opposte fazioni politiche ed attentati brigatisti. 
No. 
C'è fermento e sommovimento negli ambienti malavitosi. 
Giuseppucci, Abbatino, Selis, Abbruciati De Pedis, Balducci. Cognomi che forse ai più diranno poco o niente e che invece sono assieme ad altri le menti e a volte le braccia armate di una delle più sanguinarie holding criminali mai nate in Italia, a parte le storiche mafia, camorra e simili che hanno una storia più antica alle loro spalle. 
Tutta inizia il 7 novembre 1977, quando ormai il clan dei Marsigliesi che imperversava a Roma è stato sgominato o quasi dalle forza dell'ordine, con il rapimento del duca Massimiliano Grazioli Lante delle Rovere, che avrà un tragico epilogo, vista la morte del sequestrato nonostante il pagamento di un lauto riscatto, due miliardi delle vecchie lire. Parte dei proventi di quella estorsione sanguinaria finiscono in mano ad alcuni malavitosi romani i quali, stanchi di essere succubi di altre organizzazioni criminali, decidono di stipulare una santa allenza fra i nuclei banditeschi più attivi in vari quartieri della città eterna al fine di controllare le attività illecite, spaccio di droga su tutte, per proprio conto e diventare così protagonisti e non semplici comprimari nel mondo del malaffare. 
Ci riusciranno. 
Le batterie (così da loro chiamate) più organizzate ed efficienti sono quelle di Ostia Acilia, Testaccio ed ovviamente Magliana. Artefice della creazione di questa sorta di famiglia é Giuseppucci, che ordisce e lega le varie anime sparse in un 'unica e potentissima organizzazione. In breve tempo a Roma estorsione, rapimenti, droga e scommesse clandestine saranno sotto il più totale e completo controllo da parte della holding succitata. Ed enormi giri di riciclaggio di denaro sporco completeranno e finanzieranno lo scempio urbanistico della città eterna e di altre zone in Italia con soldi della Magliana e della mafia, visto l'agire indisturbato a Roma di un esponente di spicco dei siciliani quale Pippo Calò, spesso in affari e in combutta con i romani, con reciproci scambi di favori. 
Nel mezzo ovviamente accordi sanciti anche con i camorristi di Cutolo, per non fare torto a nessuna e ritagliarsi fette di torta sempre più grandi, al fine di poter operare indisturbati senza infastidire le altre grandi organizzazioni. 
E sembrerebbe allora una ordinaria storia di criminalità. Ma non è tutto qui, però. Perché proprio per il fatto che si trovano ad operare nella capitale, questi uomini saranno al centro di tutte le più losche vicende di quei dannati anni fra il '77 ed il '90, entrando spesso in contatto con apparati deviati dello stato e con le associazioni criminali meridionali. 
Qualche esempio? Sequestro del presidente della DC Aldo Moro, omicidio del giornalista Mino Pecorelli (cui di recente è stato assolto dall'imputazione di mandante il senatore a vita Giulio Andreotti non con formula piena). Esponenti della banda saranno coinvolti a vario titolo a questi episodi di cronaca. 
Ma non finisce qui. 
Attraverso Giuseppucci ed Abbruciati, la banda entra presto in contatto con i più noti e violenti militanti dell'estrema destra capitolina, stringendo un patto di sangue innaffiato di scambi di armi, favori, soldi e quant'altro. Più volte infatti Aleandri ed i fratelli Fioravanti, capi storici dei Nar, formazione eversiva di destra, saranno in contatto assiduo con i capi della Magliana. Addirittura Semerari, ideologo dei terroristi neri e frequentante i Fioravanti, professore universitario, elaborerà le numerose perizie false con le quali far scarcerare alcuni malavitosi con la scusa di problemi mentali. 
La banda della Magliana dunque verrà coinvolta e sfiorata da indagini quali quella per la strage compita alla stazione di Bologna nell'agosto del 1980 e in diversi episodi cruenti del terrorismo fascista a Roma. Giri di armi in comune inchioderanno all'evidenza dei fatti i rapporti strettissimi cui accennavo prima 
Potrebbe bastare, mi direte. No, non è finita. 
Attraverso i legami con gli estremisti, il clan della Magliana viene più volte avvicinato dai servizi segreti, specie il Sisde e tramite questi arriva ad avere ammiccamenti (e forse qualcosa in più, che non è dato sapere ancora) con alti esponenti della loggia P2, ovvero il cancro sotterraneo che ha ammorbato politica, istituzioni e mondo imprenditoriale in quegli anni, loggia (o setta che dir si voglia) segreta manovrata da Licio Gelli e che aveva infiltrazioni in tutti i gangli vitali della vita sociale ed economica italiana. 
Può bastare? 
Si direi di sì. 
Scritto sulla base di prove documentali direttamente prelevate dai verbali processuali con stile non sempre fluido, questo agile libro in 250 pagine riesce a fare un ottimo profilo ed un inquietante resoconto dell'attività di questa famigerata banda, capace di nascere praticamente dal nulla e di spadroneggiare in lungo e largo per dieci anni, manovrando ingenti somme di denaro e rivelando connotazioni e caratteristiche di una vera impresa economico-finanziaria. 
Ultimamente, nel 2008, si è parlato a lungo della banda, per le tardive reminiscenze al sapor di bufala della compagna di De Pedis (esponente di spicco della batteria dei testaccini) che accusava l'ormai defunto compagno dell'omicidio di Emanuela Orlandi, la ragazza figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia presso il Vaticano scomparsa senza lasciare traccia nel giugno 1983. 
A dimostrazione che la Banda della Magliana sia stato tutt'altro che un episodio irrilevante per la storia italiana recente, da segnalare il bel libro di De Cataldo Romanzo criminale  dove si narrativizza attraverso la lettura dei verbali processuali la storia della banda in maniera convincente ed efficace. Dal medesimo testo è stato poi tratto un discreto film con regia di Michele Placido. Entrambe le opere, su un versante fiction, sono un'ottima introduzione ai fatti che vi ho descritto. 
Ed ora lasciatemi vomitare. 

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