14 dicembre 2014

Olive Kitteridge (Elizabeth Strout)

Olive è dappertutto, anche dove non può arrivare, anche dove non serve, nessuno lachiama, nessuno la vuole. Emigra e trasmigra dalla sua vita a quelle di altri, senza soluzione di continuità. Per lei l'importante non è piacere, far divertire, dare gioia. Per lei è importante esserci, costi quel che costi. Ed allora visto che è stata insegnante, cerca di insegnare la vita a chiunque, anche se la sua pare un esistenza non proprio imparata, invadente ma non generosa, viva anche quando pare morire, perché Olive di sentimenti ne ha molti, specie castrati.


E ce la pensiamo sempre diversa la provincia, invece è uguale in tutto il mondo e soprattutto alla fine ne diviene il centro,m perché rappresenta in piccolo tutto i grande. E soprattutto crediamo pure che la vita ce la facciamo da noi invece è costruita da un sacco di eventi. Quindi se questa signora Olive, acida e talvolta paranoica, sembra una semplice e fastidiosa strega malefica, ci fa bene. Invece alla fine la signora Kitteridge è un poco di noi, davvero, anzi tanto. Anche perché a Crosby, questo ameno luogo posto vicino al litorale del Maine (regione forse non scelta a casa, il luogo prediletto per le ambientazioni di King), Olive massacra di continuo il marito, ne vede sotterfugi, ipocrisie, debolezze, ma poi alla fine si stringe a lui, non si adagia, ne succhia il sangue perché sono insieme da una vita e va be ne così, anche se qualche desiderio di andarsene lo ha avuto, anzi, è stato troncato solo da un tragico evento, altrimenti non sarebbe più accanto ora a lui, così malmesso, indifeso, fragile. Ma Olive ha cercato pure di amare il figlio, in maniera scomposta, fradicia, inutile, sino a sdraiarsi nel giorno del suo matrimonio fallito sul suo letto coniugale, completamente posseduta da un istinto di protezione che è solo possesso, insoddisfazione eppure amore. Amore per come lo intende lei e forse tanti altri. Poi c'è la cantante, gli aspiranti adulatori, gli studenti falliti, insomma quel variegato mercato di sentimenti e pensieri che gli umani pensano di poter controllare e poi ne vengono sopraffatti, perché siamo decisi e non decisori, la casualità è una componente importante e sottovalutata anche di ogni nostro respiro.
Perfetto romanzo di racconti, fluido, duro, cinico ma a suo modo romantico, questo delizioso testo della Strout è quello che io amo definire perfetto. La riuscita unione tra forma e contenuto lo rende non solo bello, ma folgorante, sebbene in realtà si parli di solitudini rumorose, eventi che scappano, abbandoni, incomunicabilità. Un mondo crudele a volte ravvivato da improvvisi squarci di sole, come un cielo invernale che viene preso alle spalle ed a un tratto si illumina. Denso, apocalittico ma senza morbosità, vero soprattutto. Poi della realtà e del vero potremmo parlarne per anni, ma leggere qualcosa che ti dà questa sensazione nutre l'anima.





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