Robert sta passando
mesi difficili. Viene spesso assalito dal fantasma di tornare nel nulla.
Realizzato un sogno, quello di diventare un artista celebrato e famoso, ora
combatte la paura di non essere all'altezza di quanto conseguito. Rock Foxx,
suo nome d'arte, ragazzo nero dalle umili origini, vive di musica sin
dall'adolescenza. Non pensa ad altro, ogni santo secondo. Tutto è ritmo, sound,
accordo, arrangiamento. Tenace e talentuoso, esibizionista quanto basta, ha
coronato il suo desiderio impellente, è uno dei nomi più in voga in ambito
musicale assieme alla sua band, in anni dove tutto sembra possibile. Siamo
infatti negli Usa fine anni Sessanta.
La generazione del flower power imperversa in tutto il mondo, ma gli Usa
recitano la parte del gigante.
Grandi nomi calcano i palchi di tutto il mondo. E la musica nera, quella che
Foxx scrive e canta, sprizza vitalità ed energia e non nasconde, in taluni casi
come il suo, anche un messaggio politico, di affrancamento dallo strisciante
razzismo che aleggia negli States. Ma si sa, il mondo dello star system ha le
sue crudeli ed innate regole. Provoca vertigini, ti nutre a forza di abusi,
eccessi, deliri, ti mantiene di solito instabile, irascibile, in fin dei conti
si approfitta delle tue debolezze quando nello stesso tempo ti culla e
addormenta la tua personalità drogandoti col dorato mondo del successo. Chissà
se l'amore di Bettie, una timida groupie che ora è moglie e madre di un suo
figlio, potrà salvare Robert, renderlo meno schiavo degli schiaccianti meccanismi
di quel mondo che tutti vogliono ma che poi difficilmente riescono a sopportare
in toto.
Poteva
essere decisamente meno iterativo e noioso questo romanzo di Ben Greenman, nato
a Chicago nel 1969, giornalista musicale oltre che scrittore. Al di là delle
scelte stilistiche, che risultano oltremodo pesanti e nell'insieme poco
coerenti, l'impianto della storia naviga tra l'abuso di cliché abbastanza
usurati (droga, sesso, paranoia et similia) tipici delle rockstar, e lo
stillicidio dell'elenco di una serie impressionante e francamente logorroica di
titoli e traduzioni di strofe di testi, tutt'altro che memorabili a mio parere,
e peraltro noti solamente ai cultori di genere o ai protagonisti della musica
nera di quegli anni. Risulta poi francamente indigesto l'affrontare in maniera
così evidentemente non misurata tematiche di grande rilevanza come le
rivendicazioni della popolazione di colore negli Usa di quegli anni, le logiche
aberranti del mercato discografico, i dolori e i dubbi di un'artista, i
meccanismi distruttivi del successo e della droga, le difficoltà di una storia
d'amore normale, sincera, il crollo delle rivendicazioni traboccanti utopia
della cosiddetta generazione del '68. Troppi cenni ed accenni, troppi
personaggi che riempono le pagine ma risultano inconsistentemente tratteggiati.
Un minestrone che proprio l'autore non riesce a cuocere in maniera commestibile. Anche se va rilevato che a livello documentario il testo può essere definito certo confuso ma alla fine interessante, pur nelle evidenziate debolezze narrative.
Un minestrone che proprio l'autore non riesce a cuocere in maniera commestibile. Anche se va rilevato che a livello documentario il testo può essere definito certo confuso ma alla fine interessante, pur nelle evidenziate debolezze narrative.
Ragionandoci ma poi
il successo è davvero questo Giano bifronte? Gli uomini di talento così
fragili, deboli, a volte mestamente incapaci?. Più che altro mi son fatto
l'idea che chi diviene una sorta di Dio di fronte alla gente, alla fine è uno
di noi. E nessuno di noi è perfetto e tanto meno granitico. Ma come le sue qualità
sono ampliate e riverberate perché ottiene consensi qualsiasi debolezza normale
ed umana si amplifica sino ad assordare.
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