A certe latitudini ci sono calori ed odori che profumano e colorano una
giornata grigia, un'esistenza piatta, un lettore magari disattento ed annoiato.
In "Sudore" già dal titolo evocativo troviamo uno schiaffo, un grido,
un graffio.Magari una certa voglia di una doccia di libertà e benessere, che ci
pulisca in maniera netta e limpida questo umore un po' bofonchiante che
insomma, non può stare zitto, dopo aver letto. Magari come un saluto da lontano
verso un aereo che sta partendo con destinazione una vita di lacrime e sangue, tra
prostituzione e il licenziamento da un lavoro per quanto misero pur sempre un
impiego e qui purtroppo non siamo in qualche segmento aziendale e privilegiato
di Alitalia, nessuno Stato magari interverrà se non per punire, niente lavoro,
salario dovuto e nemmeno accessorio, si fa fame, vera, dura mordente,
agghiacciante.
11 aprile 2014
Sudore (Jorge Amado)
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recensione,
romanzo,
sudore
04 aprile 2014
Gli sfiorati (Sandro Veronesi)
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Cosa resterà degli anni Ottanta? Sì lo so, lo cantava Raf in un'amena canzonetta, tempo fa. Pardon. Se ne parla ancora molto, oggi, di quel decennio. Anni così diversi da ora, a sé stanti, così intorpiditi ed aleatori. E così c'è chi si immalinconisce, perché erano gli anni della adolescenza, ormai perduta e li ammanta di nostalgia senza ritegno. Ma c'è anche chi li detesta oppure chi invece li idolatra e difende a spada tratta, elencandone mode, invenzioni, irrequietezze, tremori ed amori.
Parliamo di opinione comune, non di letteratura.
Gli anni Ottanta sono passati, non ci piove. E non ci nevica. E non sta certo a me decretare quanto peso, o sapore hanno lasciato negli anni a venire. Ma questo romanzo di Veronesi, autore del successo editoriale "Caos calmo", nell'allora nel 1991 alla sua seconda prova narrativa, è insieme all'incompleto ma storico "Rimini"di Tondelli, probabilmente il più significativo, meno retorico, moralista o banale narrato su quegli anni. Mio parere, ovvio. E ovviamente trattasi di sensazione. A volte la letteratura è intuizione. Questione di chimiche narrative, di sapienze scrittorie, di.
Anche se la contestualizzazione e l'eventuale trama potrebbero lasciar pensare ad un normale romanzo su alcune morbosità di certi amori fuori dalle righe.
01 aprile 2014
Accabadora (Michela Murgia)
"Non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo". Già, perché mai sapremo di quale e quanta sete vivremo. Ci sono personaggi che volenti o nolenti hanno una loro propria dimensione solo grazie al contesto in cui agiscono. Sprovvisti della ambientazione propria, probabilmente risulterebbero alquanto sfumati, sfuocati, svampiti. Esempio fra tanti è Bonaria Urrai, questa anziana donna, indurita dalla vita, dalla durezza e sostanziale claustrofobia del suo paese e della sua terra sarda, appartata, scontrosa e soprattutto addetta a lavori particolari, di cui alla fine tutti hanno bisogno. Di cosa parliamo? ma di "Accabadora", di Michela Murgia, di Sardegna dunque e di eutanasia.
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Michela Murgia,
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26 marzo 2014
Le ore (Michael Cunningham)
Donne che scrivono. Donne che
vorrebbero o sono state scritte e che nel miracolo della scrittura aspirano a
disgelare un sentimento ormai surgelato, prossimo alla glaciazione eterna, come
se nessuno calore potesse finalmente scaldare e ridare sapore a ciò che ha
perso gusto. E donne che vorrebbero essere protagoniste ma che invece si
scoprono comparse comparsate, che il palcoscenico è nudo e spoglio e nessuno le
guarda più, oppure donne che non sanno o non possono scrivere, ma che solo
leggendo capiscono che la loro storia è tutt’altro che già scritta, che nel
mondo ci sono centinaia di migliaia di pagine bianche a attendere di essere
riempite, che insomma, questo romanzo della loro vita s’ha da fare, costi quel
che costi.
Uscito nel
1998 e scritto da Michael Cunningham, americano del 1952 ed autore che andrò
sinceramente ad approfondire, vincitore per quel che conta del Pulitzer nel
1999, “Le ore” ha visto una riuscitissima traduzione cinematografica con la regia
di Sthepen Daldry, ( di recente sugi schermi con “The reader”) con attrici come
la Streep, la Kidman e la Moore. Uno dei rari casi in cui la trasposizione non
perde il confronto con il libro ed anzi il tutto ne esce arricchito e ancor più
vigoroso e struggente.
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