"Per carità, capita anche che si arrivi in alto con le proprie gambe. Ma nella banale quotidianità dei servitori dello Stato, Malossi ha fin troppo presto imparato come la conoscenza conti infinitamente più della bravura”. C’era del marcio in Danimarca raccontava Shakespeare, figuriamoci in Italia, anche se siamo ai tempi della dittatura fascista. Solo i figli di papà riescono a schivare le mille insidie sottese in un lavoro come quello di poliziotto. Ma infatti Ottaviano Malossi maledice che il caso sia stato affidato a lui, fumando nervosamente l’ennesima sigaretta. Un uomo morto sul pendio di fianco alle rotaie. Caduto dal treno in corsa. Omicidio o tragica fatalità? Sarebbe già un bel grattacapo per chiunque. Se non fosse che la vittima è Graziani, pluridecorato generale della prima guerra mondiale. E nessuno sa cosa accadde veramente tanti anni fa, dopo la rotta di Caporetto, quando il Vecio e gli sparuti resti dell’armata cui faceva parte battevano in disperata ritirata e l’assassinato in questione era ispettore capo per la vigilanza sull’ordine e la disciplina dello sconfitto esercito italiano.
28 febbraio 2018
25 febbraio 2018
Middlesex (Jeffrey Eugenides)
Su Amazon |
Come si fa a spiegare che una lettura ti è piaciuta a metà? Metà cosa, metà come. Eppure è così. Se poi il romanzo narra le vicende di un essere umano il cui sesso si è bizzarramente fuso e confuso, regalando un corpo che evidenzia un duplice genere ed il titolo è Middlesex, beh, il gioco è fatto.In un'epoca dove tradizionali (e sicuramente anacronistiche) barriere di genere sessuale stano molto lentamente sgretolandosi, un romanzo come questo calza a pennello. Premesso che è uscito anni fa. E oggi che scrivo è tempo di battaglie più che parlate su identità di genere, inclusività, discriminazione ed altre faccende del 21° secolo corrente.
Tag:
Jeffrey Eugenides,
middlesex,
recensione,
romanzo
20 febbraio 2018
Memoriale (Paolo Volponi)
In
tempi iperproduttivi come i nostri, il concetto di lavoro è essenziale.
L'attività occupa gran parte dei nostri secondi, minuti, ore a disposizione. Ed
è, perlomeno nella nostra italietta allo sfascio, anche di drammatica attualità
il concetto di sicurezza lavorativa, di condizioni "umane" sul
lavoro. Premessa asettica per la lettura dell'esordio narrativo di Paolo
Volponi (1924 -1994), poeta e narratore, scrittore impegnato, senatore a
partire dal 1983, eletto nelle liste del Pci e poi approdato a Rifondazione,
che fu anche dirigente della Olivetti, in cui entrò nel 1956, mentre a partire
dagli anni Settanta collaborò con la Fiat, entrando presto in contrasto con la
dirigenza per le sue prese di posizione politiche .
In tempi iperproduttivi come i nostri, il concetto di lavoro è essenziale. L'attività occupa gran parte dei nostri secondi, minuti, ore a disposizione. Ed è, perlomeno nella nostra italietta allo sfascio, anche di drammatica attualità il concetto di sicurezza lavorativa, di condizioni "umane" sul lavoro. Premessa asettica per la lettura dell'esordio narrativo di Paolo Volponi (1924 -1994), poeta e narratore, scrittore impegnato, senatore a partire dal 1983, eletto nelle liste del Pci e poi approdato a Rifondazione, che fu anche dirigente della Olivetti, in cui entrò nel 1956, mentre a partire dagli anni Settanta collaborò con la Fiat, entrando presto in contrasto con la dirigenza per le sue prese di posizione politiche ."Memoriale", uscito nel lontano 1962,
è una storia ancora attuale che vede come unico ed indiscusso protagonista ed
io narrante Albino Saluggia, uomo kafkiano e complesso che potrebbe essere
anche uno di noi, in questi tempi moderni che corrono e scivolano via, benché la
sua comparsa nel mondo letterario risale a 60 anni fa. Una storia che discetta sul fatto che Esistere è un diritto, non certo un insopportabile e lugubre dovere.
Tag:
Memoriale,
Paolo Volponi,
recensione,
romanzo
14 febbraio 2018
Underworld (Don De Lillo)
Quante domande ci e si pone De Lillo in questo romanzo
poderoso? Abbastanza. Alcune anche con risposta motivata, il che non guasta e
rende l’opera oltre che imponente anche importante. In una folle vertiginosa
corsa. Perché il tutto è strutturato su ripetuti salti temporali in avanti o
all’indietro, con continui cambi di prospettiva, segnati senza sosta dal passaggio
della narrazione dalla prima alla terza persona, dal discorso indiretto al
monologo interiore. Scorrono così cinquanta anni di Stati Uniti raccontati da
un autore che lo vogliano ammettere o meno, ha segnato tutti i narratori
contemporanei made in Usa, un po’ come fece Twain ad inizio Novecento. E
pensare che la struttura portante del libro è una pallina da baseball. Magica a suo modo.
Ovvero quella che fu protagonista di un fuoricampo con cui il 3 ottobre 1951 Bobby Thomson dei New York Giants consegnò
la sua squadra alla storia battendo i Brooklyn Dodgers di Ralph Branca. E che passerà
di mano in mano, in maniera avventurosa, fino ai giorni nostri, protagonista a
suo modo in decine di altre esistenze.
Tag:
De Lillo,
recensione,
romanzo,
Underwold"
Iscriviti a:
Post (Atom)