Scenario bucolico, quasi da cartolina,
di quelle di nicchia, provinciali ed in bianco e nero che significano
magari l'Italia che non c'è più e che forse mai c'è stata, ma ce l'hanno
fatta solo immaginare. Siamo dunque in un ordinario paese montanaro di
un Italia che sopravvive alla storia. Si chiama Borgo San Giuda e già il
nome è un programma, visto che il nome del santo è uno di quelli
quantomeno scomodi, visto che è uguale al massimo traditore del figlio
di Dio.
I nomi non fanno il destino, magari non sempre.
Un cavallo
sconsolato torna sul sentiero innevato senza il carico di passeggeri.
Deve essere successo qualcosa. Probabilmente non di piacevole.
L'inquietante ombra di una tragedia che con molta probabilità si sta
abbattendo su San Giuda ed i suoi pochi, stizzosi, archetipici abitanti.
Tutti
con qualche tara, tic, rimorso, rimuginio, rinsavimento, risacca. Sarà
che spesso, dato il posto isolato e le ataviche tradizioni secolari, gli
incroci fra uomini e donne si sono via via rinseccoliti e infradiciati
ed allora si sa, se ci si sposa una cugina o un fratellastro succede
qualcosa che non va.
Comunque la slitta vuota era annunciatrice di
morte. Perché risalendo il sentiero si trova un mitico albero ghiacciato
che lampeggia come un mefistofelico ornamento natalizio di rosso
sangue.