Non significa nulla
rapporto libero. Perché liberi non si è mai. Anzi. Anche se non vogliamo, siamo
molto prigionieri di circuiti, circonvenzioni, "cervellotismi" sociali di cui
facciamo parte. Poi diciamo che non è vero ma alla fine è così. Ecco. Siamo stretti,
quasi soffocati, anche quando facciamo finta di respirare a pieni polmoni. Ed
una coppia libera, nel senso che ognuno non è legato a niente, può scoppiare e
slegarsi per effetto del caso e di questa solida costruzione che solida non è e
che chiamiamo società. Sdraiata a terra, nel parcheggio semibuio, Megan Harpur
è morta. Ma la spesa dello shopping serale è intatta per terra. Nessuna
violenza sessuale o magari rapina. A tarda ora, di notte, chissà cosa ci faceva
una bella donna da sola nel piazzale antistante la stazione. Niente di che.
Stava tornando a casa per dire al marito che se ne andava. Per sempre. La sua
vita oramai era altrove. Colin Hapur, il coniuge, è poliziotto. Avvezzo alle
storture improprie del proprio lavoro, dove giustizia, corruzione, invidia e
perfidia sono all’ordine del giorno, timbrano il cartellino come normali
impiegati quotidianamente.
13 novembre 2014
Rose Rose (Bill James)
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Bill James,
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Rose rose
12 novembre 2014
L'autunno del patriarca (Gabriel Garcia Marquez)
Il
tempo, si sa credo, inevitabilmente scorre. E continua a scorrere anche quando
noi siamo finiti, sorpassati, nulla. Anche per chi indirizza tutti i suoi
appetiti vitali al culto del (proprio) Potere. Potere reale, regale, ma con
peculiarità di sapore ancestrale, quasi categoria metafisica, più che mero
sinonimo di dominio su cose, persone, animali.
Si è portati a pensare, me compreso, talvolta, che i potenti, i detentori del potere possano fare a meno di comuni sofferenze e universali immalinconimenti dell'animo. E invece no, anche qui, a volte si offrono immensi spazi a cavalcate imperiose del decadimento, della solitudine, del ricordo.
Il patriarca è immerso nel suo autunno della vita, quasi oramai sprofondato nell'inverno gelido che non finisce più ed a cui noi tutti arriveremo, ed egli oggi non ha nome, non ha età, non ha luogo, ma è l'indiscusso protagonista della vicenda, personificazione della gestione patriarcale e dittatoriale di uno stato misterioso, che potrebbe rappresentare tutti gli stati del mondo.
Si è portati a pensare, me compreso, talvolta, che i potenti, i detentori del potere possano fare a meno di comuni sofferenze e universali immalinconimenti dell'animo. E invece no, anche qui, a volte si offrono immensi spazi a cavalcate imperiose del decadimento, della solitudine, del ricordo.
Il patriarca è immerso nel suo autunno della vita, quasi oramai sprofondato nell'inverno gelido che non finisce più ed a cui noi tutti arriveremo, ed egli oggi non ha nome, non ha età, non ha luogo, ma è l'indiscusso protagonista della vicenda, personificazione della gestione patriarcale e dittatoriale di uno stato misterioso, che potrebbe rappresentare tutti gli stati del mondo.
Cent'anni di solitudine (Gabriel Garcia Marquez)
Sono entrato a casa Buendìa, tanti anni fa, in punta dei piedi. Rimasi
quasi ubriaco al profumo delle prime righe, mi accesi subito di speranze,
sensibile come un' antenna satellitare ai sommovimenti universali dei generi
letterari e dei loro protagonisti.
E, confesso, a distanza di anni, quando ritorno a casa Buendìa, non posso altro che riscaldarmi al sapore di quelle prime emozioni, insaporendole e rimpolpandole con il succo ed il nettare delle parole memorabili e delle storie incancellabili di questa incredibile costruzione che Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel, autore di altri romanzi da me amati quali Cronaca di una morte annunciata e L'autunno del patriarca, ci ha lasciato, sapendo di non sapere eppure dando tutto se stesso e anche di più.
Marquez arrivò, qui, a passi lenti e magistrali, prima con piccole costruzioni deliziose come casali di campagna (i racconti Nessuno scrive al colonnello, I funerali della Mamà grande per esempio) e poi con piccoli quartieri residenziali urbanisticamente perfetti come "La Mala Hora", fino ad arrivare a questa città della narrativa, a questa capitale dell'immaginario collettivo.
E, confesso, a distanza di anni, quando ritorno a casa Buendìa, non posso altro che riscaldarmi al sapore di quelle prime emozioni, insaporendole e rimpolpandole con il succo ed il nettare delle parole memorabili e delle storie incancellabili di questa incredibile costruzione che Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel, autore di altri romanzi da me amati quali Cronaca di una morte annunciata e L'autunno del patriarca, ci ha lasciato, sapendo di non sapere eppure dando tutto se stesso e anche di più.
Marquez arrivò, qui, a passi lenti e magistrali, prima con piccole costruzioni deliziose come casali di campagna (i racconti Nessuno scrive al colonnello, I funerali della Mamà grande per esempio) e poi con piccoli quartieri residenziali urbanisticamente perfetti come "La Mala Hora", fino ad arrivare a questa città della narrativa, a questa capitale dell'immaginario collettivo.
10 novembre 2014
Non è un paese per vecchi (Cormac McCarthy)
C'è questa America di confine con il Messico. Dove passa tanta droga
certo, ma solo perché la richiesta dei consumatori è in grandioso e facoltoso
aumento. C'è questo profondo sud statunitense che da secoli ormai è in contrasto
archetipico con gli eccessi brillantati e sotto i riflettori dorati del
successo a portata di mano o di portafoglio della California e della West coast
in generale. O in netta antitesi con il progressismo industriale e tipicamente
capitalista dei "nordisti".
Parliamo di ciò
perché prima di entrare nello specifico, questo romanzo è essenzialmente una
narrazione profondamente legata alle sue radici territoriali.
Ed in ogni caso non
ho resistito.
E benché non sia propriamente amante del genere
di cui il libro fa parte, eccoci qua. Tenuto conto che non amo il sangue, visto
che anche a pasto la carne la divoro ben cotta. Ma l'arena invece mi affascina.
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