30 maggio 2014

Libertà (Jonathan Franzen)


Si diceva spesso non solo anni fa, che il nucleo base indissolubile ed eterno di una nazione civile e moderna era sempre e comunque la famiglia. Non solo in senso religioso ma in senso politico, sociale, economico, sentimentale, emotivo, eccetera. Spunto interessante per gli storiografi a venire. Anche perché la parola di per sé in questi tempi ha via via perso senso, significato, valore. O perlomeno ha modificato la sua semantica Più che un obiettivo è diventata costrizione. Più che un approdo, una deriva. Non è colpa di Franzen dunque se parlando di questo microcosmo, riverberano i mali di un intero mondo. L'importante è scriverlo. Il giudizio è dei posteri, cui spetterà l'ardua sentenza. Né Roth né il Williams di Stoner, ma altro. Gran romanzo, però.




Walter e Patty non hanno fatto nulla di male, in fondo. Si sono conosciuti per caso, si sono messi insieme per necessità, si sono sposati quasi chiudendo gli occhi sperando nelle favole ed hanno fatto un letterale, volgare disastro. Magari volendosi bene. Anzi, magari senza volersi fare del male, ammalandosi della loro stessa incoscienza e pazzia. Ma la loro è una continua, acida e corrosiva dissoluzione di qualsiasi comprensione e stima. Pensavno di poter migliorare, cambiare, invece sono rimasti esattamente come sono, incompatibili, perché stare insieme è una decisione, non una meccanica aggregazione di modi di fare, di essere, di dire e non dire.

Walter ha molti ideali, troppi, e poche idee, la sua praticità corrisponde quasi allo zero assoluto, questi di fine novanta ed inizio duemila non sono tempi per lui. Anzi per lui forse non esistono tempi giusti, è sempre fuori luogo nonostante sia una brava persona. Ma essere bravi non basta a vivere. Un classico maschio insomma, di quelli ampiamente descritti e denigrati anche dalle desperate housewife consorti sui social network. Mancano solo i calzini lasciati spaiati prima della lavatrice.
Di Patty meglio non parlare. Anche lei, nella sua autobiografia si dà addosso senza remore, come solo una donna sa fare e disfare. In fondo avrebbe solo dovuto mettersi con Katz, il compagno di college di Walter, uno che le donne le tocca e sfoglia come petali di margherita e se ne dimentica presto, più presto di una dormita o di andare in bagno ad orinare. Poi non è successo e su quel maledetto ed inutile disguido è stata costruita una vita, una storia, un presunto e consunto nonché riassunto sentimento ed una famiglia. Insomma una classica donna. Di quelle non da frontespizio ma da quarta di copertina, è solo fine, mai inizio.
E poi rapporti familiari non solo morbosamente disastrosi ma anche vicissitudini fisiche, meteorologiche, depressive e quant'altro. Sono davvero alla frutta questi due esempi degli Usa e non è colpa loro, non ci sarà dessert, anzi sì. E I due figli dalla coppia scoppiata sanno benissimo che è meglio andare avanti senza genitori. Soprattutto il maschio Joey, dotato di innate qualità di arguto e sapiente saprofita, vinto dalla sua fortuna e bellezza,alla fine dovrà comunque accettare che la vita non è quella che vorresti ma quella che devi vivere.
Gran romanzo. Non c'è niente di meglio che unire la visione ed il ritmo interiore di uno statunitense con la maestosa e capace impalcatura del romanzo classico europeo novecentesco. Franzen è questa ammirabile sintesi, dove niente è lasciato al caso e nello stesso tempo non ci sono le pesantezze filosofiche tipiche del nostro vecchio mondo, ammesso che il suo sia nuovo. Lo sfascio psicologico e sentimentale di una coppia al di là di ogni ragionevole sospetto è dipinto magistralmente sullo sfondo di uno stato che comandava il mondo e nella storia mostra in Iraq che sta perdendo tutto, anche la dignità, guadagnando però un mucchio di soldi per così dire sporchi, se non peggio. Un andare e rivenire nelle vite dei due protagonisti, specie nell'emblematico, anarchico e inconcludente ma dotato musicista Katz, nei due figli spesso sbandati ma capaci di orientare la rotta, insomma, un classico contemporaneo, dove tutto sembra stare al suo posto, anche dove non rimane fermo, anche questa vita e questa libertà cui tutti agognano ma che alla fine tutti devono semplicemente combattere,. Magari con forza e coraggio senza che questo magari dia possibilità di vittoria.

Convincente lo sfondo, avvincente il primo piano, perfetta la composizione, notevole il ritmo, rimarcabile la misura. Secondo romanzo di Franzen che leggo ed a parte qualche noiosa digressione sul destino di amene specie di uccelli resta davvero imponente e monumentale, capace di essere particolare e generale allo stesso tempo, come solo i grandi riescono, dove accade di tutto senza per questo farsi trascinare dall'accadere, ma tutto è filtrato, mosso e rimosso per poi tornare. Non critica solo gli Usa ed il partito democratico di quel paese, ma considera e narra di esseri umani di oggi, vittime carnefici della loro stessa fretta.

Insomma la morale è sempre quella. Al di là del contesto, non ci si libera e non liberiamo niente o nessuno. Più che altro siamo e riusciamo ad essere imprigionati, talvolta costruendo dentro e fuori di noi enormi prigioni, bramando ergastolane evasioni.

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Pubblicata su ciao.it nell'aprile del 2013

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