Aveva in parte ragione forse Shakespeare, perché c'era del marcio
in Danimarca, ma non solo. Il gelo non spegne e non fredda gli istinti più
cupidi e morbosi infatti.
Rebecka ha una vita difficile alle spalle, ma sta reagendo. Custodisce due
cani, di cui uno refrattario e selvatico; coltiva semplici amicizie, una con
Krister, uomo forte e innamorato ma sfigurato in volto da un incidente e col
vecchio, paterno Sivving, vera mente storica dei fatti del luogo. L'incarico di
procuratore in questa sperduta provincia svedese serve anche a raccogliere
istanti di intima serenità preclusi altrove.
A volte si cerca silenzio, per non farsi schiacciare dal rumore di ricordi ingombranti e scomodi. D'altronde
poteva tranquillamente fare una remunerata carriera presso lo studio del
compagno a Stoccolma, ma aveva bisogno di un angolo dove riposare, di meno
stress e confusione. Non brama successo, ma solo un poco di pace. Tuttavia la
improvvisa morte violenta ed efferata della solitaria e licenziosa Sol-Britt
Uusitalo scuote la piccola comunità. Peraltro la vittima fa parte di una
famiglia dalla vita tormentata, con morti inspiegabili, abbandoni compulsivi,
amori quantomeno instabili, se non addirittura torbidi.
Rebecka peraltro vive di contrasti ed uno tra i più feroci è con il suo capo,
Von Post. Che subito la dismette dalle indagini, per conflitto di interessi. Il
crimine è stato commesso nel luogo dove vive, abitato da poche persone, sarebbe
facile contestargli interessi privati in pubblico ufficio. Così è la legge,
dura lex sed lex. Ma lei sa che tutto ciò è solo una squallida vendetta di
stampo maschile e maschilista, da parte di un personaggio viziato e
complessato, in guerra col mondo perché affatto in pace con sé stesso.
Ma proprio perché siamo in in terre algide, dove neve, freddo, buio sono
compagni di avventura e sventura, molte storie sembrano dipanarsi ed
intrecciarsi all'omicidio appena avvenuto. Come quello avvenuto all'inizio del
Novecento, che vide vittima la bella e coraggiosa insegnante Elina Pettersson,
nell'avamposto minerario di Kiruna e non a caso, guarda un po', legata a
Sol-Britt: ne era infatti la nonna. E misteriose eredità cospicue, famiglie
promiscue, figli lontani, diseredati o abilmente finiti nel dimenticatoio
agiteranno le apparentemente languide lande nordiche.
Di nuovo la Svezia. Che da quando è scoppiata la Millenium- mania, tracimata
con la saga ideata e scritta dal defunto Larsson, ha rivelato al mondo la sua
variegata e oserei dire sterminata orda di giallisti di vario tenore e
spessore. Tuttavia, pur avendo classiche riserve personali sui generi iterativi
e commerciali, “Sacrificio a Moloch” è soprattutto un romanzo classico, con una
trama che appare ben costruita e ritratti psicologici per niente seriali e
meramente funzionali al congegno del pattern, ma invece dotati di viva e vivida
forza e assolutamente credibili. Soprattutto le donne, ovviamente oserei dire.
I maschi appaiono pallidi e sfuocati molto più del sole a mezzanotte nelle
notti incantevoli di quelle latitudini. Per due terzi almeno insomma una storia
convincente, con la giusta intensità e un insospettabile ed imprevisto
scandagliare nel profondo. Poi le necessità commerciali, editorialmente parlando, spingono sull'acceleratore e tutto si tramuta nel prevedibile ma serrato
epilogo, con taglio quasi cinematografico. Certo, in questi casi ci si chiede
se i cadaveri e lo scenario poliziesco siano solo espedienti per dare al
narrato quella vendibilità sul mercato necessaria a sopravvivere, ma questo è
il mondo e discuterne qui sarebbe poco saggio. Una prova convincente dunque
dell'autrice Asa Larsson, oramai nota nel mondo grazie all'ondata scandinava
che ha recentemente inondato gli scaffali in libreria, con un titolo
apparentemente destabilizzante ed apocalittico e fatto di pagine né crudeli né morbose, ma animate da pulsioni, passioni e compassioni.
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Su ciao.it il 24.02.2013
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