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Chissà perché Cosimo, giovane adolescente ed agiato
infante di nobili di provincia, in un apparente impeto di puerile pazzia,
decide di ribellarsi alla sua famiglia, in barba ai precetti. Oppure il suo
perché riassume tante varie domande che noi ci poniamo. In ogni caso egli
abbandona senza rimorso il fratello ed i suoi genitori, coppia settecentesca
nell’anima e leopardiana per connotazioni di biografie letterarie, padre
decrepito come i suoi poteri secolari e madre abile occultatrice di ricchezze e
stratagemmi da telenovela, amministratrice di possessi sempre più in balia di
ruberie strampalate e gestioni tanto maniacali quanto inefficienti.
Cosimo rifiuta il dovuto senza ignorare il
dovere, disdegna l’inchino anche se ama l’eleganza e la deferenza, l’educazione
ed il bon-ton. Egli sceglie con convinzione invece di essere continuamente e
perpetuamente essere scelto, dagli altri o dalla Storia. Va sugli alberi. E ci
vivrà una vita, costi quel che costi. Così da bimbo diverrà uomo, avendo la
magnifica, sognante, fantastica possibilità di guardare tutto da un ramo senza
mai cadere come una foglia morta. Il barone rampante guarda altrove. O meglio, guarda da una prospettiva differente. Ed è un mondo diverso, anche perfettamente calato in quello reale. Ma visto con altri occhi.