Urlo.
Furore.
Dal fondo della propria anima, senza risparmio, senza veli, senza mediazione,
senza.
Affidandosi all'estro, alla rabbia, alla disperazione.
Non siamo in un vicolo cieco, siamo in una infernale, spietata, cinica, cruda,
noir stairway to heaven della narrativa di ognitempo ed ognidove.
E' il 1929.
Un alcolizzato e depresso William Faulkner, imbianchino a
cottimo e comunque spesso imbarcato in lavori di fortuna, semi esordiente,
pubblica uno dei suoi capolavori.
Il mondo è distratto dal crollo della borsa in Wall Street,
l'Italia festeggia i patti lateranensi, l'editoria si accaparra anche Hemingway che
pubblica nello stesso anno "Addio alle armi". Ma il mondo
della narrativa non solo resiste, ma si espande. La ricerca ( e se vogliamo
l'ossessione) di questo scrittore della provincia americana si immola al mondo
della creatività lanciando il suo grido. Di rabbia e di dolore. Ma.
Non solo.
C'è forza. Coraggio. Passione. Ricerca. C'è Letteratura.
Elle maiuscola.
Sono in moto i muscoli del cervello, non aspettatavi un
Atlante che sorreggerà il mondo, bensì una sinfonia in quattro tempi che
affianca e preconizza il jazz classico dei tempi d'oro per suonare una
polifonia che prende a spunto la tragedia greca.