12 novembre 2014

Cent'anni di solitudine (Gabriel Garcia Marquez)

Sono entrato a casa Buendìa, tanti anni fa, in punta dei piedi. Rimasi quasi ubriaco al profumo delle prime righe, mi accesi subito di speranze, sensibile come un' antenna satellitare ai sommovimenti universali dei generi letterari e dei loro protagonisti. 
E, confesso, a distanza di anni, quando ritorno a casa Buendìa, non posso altro che riscaldarmi al sapore di quelle prime emozioni, insaporendole e rimpolpandole con il succo ed il nettare delle parole memorabili e delle storie incancellabili di questa incredibile costruzione che Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel, autore di altri romanzi da me amati quali Cronaca di una morte annunciata e L'autunno del patriarca, ci ha lasciato, sapendo di non sapere eppure dando tutto se stesso e anche di più. 
Marquez arrivò, qui, a passi lenti e magistrali, prima con piccole costruzioni deliziose come casali di campagna (i racconti Nessuno scrive al colonnello, I funerali della Mamà grande per esempio) e poi con piccoli quartieri residenziali urbanisticamente perfetti come "La Mala Hora", fino ad arrivare a questa città della narrativa, a questa capitale dell'immaginario collettivo. 

10 novembre 2014

Non è un paese per vecchi (Cormac McCarthy)


C'è questa America di confine con il Messico. Dove passa tanta droga certo, ma solo perché la richiesta dei consumatori è in grandioso e facoltoso aumento. C'è questo profondo sud statunitense che da secoli ormai è in contrasto archetipico con gli eccessi brillantati e sotto i riflettori dorati del successo a portata di mano o di portafoglio della California e della West coast in generale. O in netta antitesi con il progressismo industriale e tipicamente capitalista dei "nordisti". 
Parliamo di ciò perché prima di entrare nello specifico, questo romanzo è essenzialmente una narrazione profondamente legata alle sue radici territoriali. 
Ed in ogni caso non ho resistito. 
E benché non sia propriamente amante del genere di cui il libro fa parte, eccoci qua. Tenuto conto che non amo il sangue, visto che anche a pasto la carne la divoro ben cotta. Ma l'arena invece mi affascina. 

Cavalli selvaggi (Cormc McCarthy)


Eccoli, sono laggiù, all'orizzonte, si possono scorgere nitidamente mentre tramonta questo sole rosso sangue che pare volerli inghiottire. Sì, esatto sono loro, quei due pazzi di ragazzi. John Grady Cole e quel suo amico Rawlins. Chissà dove pensano di andare, dove pensano di arrivare. 
Se fuggono da qualcosa o inseguono qualcuno, un posto, un cielo dove azzurrare, un'orma da seguire. Calcano anche antichi leggendari sentieri degli indiani e vogliono passare la frontiera con il Messico. 

06 novembre 2014

Chi ti credi di essere? (Alice Munro)

La provincia. Stato geo-politico ma soprattutto mentale. Questo dannato eterno microcosmo che difende con fierezza la propria integrità eppure nello stesso tempo ama e concupisce il capoluogo, il centro. Vite enormi e smisurate nei distacchi e nei ritorni, dai contorni sfumati, così piccole, vere, che quasi puoi toccarle.
Nonostante i boschi verdeggianti, un'aria appartata, un tenore di vita di cui la maggioranza gode, anche se non come ai livelli dei vicini Usa, questo Canada, con le sue distanze, i suoi geli invernali, nasconde e sottende una particolare irrequietezza sociale e sentimentale, specie nell'atipico e talvolta apatico trio composto da Rose, suo padre e la matrigna Flo, con in aggiunta la presenza inquietante del fratellastro Brian. Sismico,frammentato, sussultorio eppure lineare romanzo di formazione, di un protagonista Rose, che si piega si non si spezza, vacilla ma non cade. Prima bimba scontrosa, poi ragazza inquieta, infine sempre più donna. "Non devi metterti in testa di essere meglio degli altri solo perché impari le poesie a memoria. Chi ti credi di essere? Non era la prima volta che qualcuno glielo chiedeva"



Chesil beach (Ian Mc Ewan)

Edward e Florence. La storia di una passione. Ma non di un fuoco che avvinghia e scalda il cuore e le membra, non quel sacro ardore che brucia e consuma gli amanti. Quello che insomma ci fa credere che l'amore sia vero e non una invenzione dei poeti e di chi è solo o magari in non piacevole compagnia.
Qui si intende passione nel suo più antico significato etimologico, quello di patire, subire. Insomma un disastro. Chi, a prescindere, intende essere penetrata con orrore o chi, con la dolorosa ed onanista apprensione, intende penetrare ciò che non si presta? Un significato doloroso e senza scampo, per chi ne subisce le conseguenze. Attenzione che per parlare di questa narrazione, si svela il finale. Che fine poi non è. Perché non c'è stato mai inizio.




Lettera a Berlino (Ian Mc Ewan)

Succede. Come in alcune storie d'amore, come nella vita in generale. Per molto tempo eludi di leggere un autore, ma sai che prima o poi lo farai. Perché ne parlano bene. Perché ti intriga. Perché potresti scoprire un altro maestro di penna che accompagni le tue giornate grigie o solari, che ti titilli il cervello o semplicemente la fantasia, che ti faccia amare, sorridere, sognare.

Poi invece come una pugnalata alla schiena l'incommensurabile, triste, goffa delusione. Un po' di amaro in bocca. Un'occasione sprecata.


05 novembre 2014

XY (Sandro Veronesi)

Scenario bucolico, quasi da cartolina, di quelle di nicchia, provinciali ed in bianco e nero che significano magari l'Italia che non c'è più e che forse mai c'è stata, ma ce l'hanno fatta solo immaginare. Siamo dunque in un ordinario paese montanaro di un Italia che sopravvive alla storia. Si chiama Borgo San Giuda e già il nome è un programma, visto che il nome del santo è uno di quelli quantomeno scomodi, visto che è uguale al massimo traditore del figlio di Dio.
I nomi non fanno il destino, magari non sempre.
Un cavallo sconsolato torna sul sentiero innevato senza il carico di passeggeri. Deve essere successo qualcosa. Probabilmente non di piacevole. L'inquietante ombra di una tragedia che con molta probabilità si sta abbattendo su San Giuda ed i suoi pochi, stizzosi, archetipici abitanti.
Tutti con qualche tara, tic, rimorso, rimuginio, rinsavimento, risacca. Sarà che spesso, dato il posto isolato e le ataviche tradizioni secolari, gli incroci fra uomini e donne si sono via via rinseccoliti e infradiciati ed allora si sa, se ci si sposa una cugina o un fratellastro succede qualcosa che non va.
Comunque la slitta vuota era annunciatrice di morte. Perché risalendo il sentiero si trova un mitico albero ghiacciato che lampeggia come un mefistofelico ornamento natalizio di rosso sangue. 




04 novembre 2014

Caos calmo (Sandro Veronesi)

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Si può scrivere decentemente di tutto. Anche come addormentare il caos. Come tutti i libri, anche questo romanzo di Sandro Veronesi può (o non può) avere diverse letture, interpretazioni, messaggi evidenti o altri criptati. Ad anni di distanza dalla sua lettura io credo che il suggerimento principale, metodicamente e brillantemente portato avanti nel testo è l'impossibilità di continuare a pensare di poter cavalcare il folle mare delle possibilità che la vita offre e ti addossa sulle spalle e ti spinge nel cuore. Che insomma, seppur abbiamo disordini ed entropie varie che ci agitano corpo ed anima e cervello, la prima cosa è capire che non sempre fermarsi significa perdere oppure alzare bandiera bianca. A volte è solo e semplicemente salutare, mettere un punto ed andare a capo, assimilando la nostra vita a pagine scritte che riempono fogli bianchi su fogli bianchi, cioè i nostri giorni, i nostri pensieri.