Già dal titolo evocativo e all’apparenza severo, altisonante per
certi versi, “Il comunista“, di Guido Morselli fu pubblicato nel 1976, benché fosse
stato scritto ben venti anni prima, per la forse nota parabola esistenziale ed
editoriale dello scrittore, morto suicida nel 1973 e meritorio di fortuna
letteraria solo all’indomani del tragico gesto. Abbiamo di fronte un’opera di
cui forse si è parlato poco, ma che rappresenta un desueto ma ben congegnato
romanzo, mirato, avente a priori un obiettivo annunciato sin dal titolo, ma
indubbiamente recante in sé la natura e la forza di una preziosa testimonianza
di natura letteraria, forte ma non altero, con una lungimiranza e una pacata ma
non per questo meno incisiva onestà intellettuale. Morselli tratteggia infatti
un quadro completo, distaccato ma non asettico e per certi versi impietoso di
un partito simile ad una enorme sfinge, dai rituali quasi ecclesiastici e dalla
sostanziale freddezza, senza aver mai avuto a che fare con lo stesso e senza
che esistessero plausibili motivi di eventuale accidia o rimostranza. E’ dunque
meramente la scrittura e la tesi di fattura letteraria di un autore sui generis
magari, ma indubbiamente dotato di una lucida e accurata capacità di analisi
del suo tempo, con uno stile comunque levigato, essenziale, abilmente
manovrato.
09 giugno 2015
28 maggio 2015
Prendila così (Joan Didion)
Carter,
Bz, Maria, Helene. E altri uomini altre donne, un immenso vuoto che
nessuno drink o spinello potrà mai riempire, né tantomeno il sesso usa e getta.
Il male di vivere, la capacità di r-esistere alle intemperie, alle delusioni,
all'inafettività straripante, ai dolori.
"C'è
una cosa a mia difesa, non che importi: so qualcosa che Carter non ha mai
saputo, e neppure Helene, e forse neppure voi. So che cosa significa
"nulla", eppure continuo a giocare.
Perché,
direbbe BZ.
Perché
no, dico io”
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27 maggio 2015
Marinai perduti (Jean-Claude Izzo )
Il mio primo Izzo. Il mio primo ma decisamente convincente. Il mare. Con suoi affascinanti misteri, i suoi moti
rabbiosi, i suoi placidi silenzi. Marsiglia, con la sua natura poliglotta e
marina. E tre uomini. Tre marinai. Costretti all’esilio forzato dal loro
ambiente naturale e per ciò dediti a ripescare dal loro passato quello che non
è andato, quello che poteva andare meglio, quello che non potrà più succedere. L’irreprensibile
capitano Abdul. Il riflessivo e
scontroso vice Diamantis. E il volatile e pieno di vita Nadim .
21 maggio 2015
Il castello (Franz Kafka)
Un castello.
Maestoso ed imponente, dimora inaccessibile, dai mattoni plasmati su
indifferenza e inaccessibilità, dal cemento fatto di silenzio e segreti, dalle
porte sempre chiuse e con le finestre invece sempre aperte, per spiare e
dominare le pianure del circondario, gli inermi ed assoggettati villaggi
popolati da gigantesche paure e diffidenze incarnatesi in persone.
Villaggi di genti semplici ma oltremodo complicate, ghiacciate dai loro
contorti passati burrascosi e dagli obliqui e mai retti rapporti con i
funzionari e signori del Castello, dediti questi ultimi alla loro misteriosa
attività di controllo burocratico che neanche l'Italia, nella sua allucinata
ragnatela di competenze fra organi di diversa fattura e gerarchia è riuscita a
riprodurre nel suo attuale assetto istituzionale.
K., il protagonista, è un agrimensore che invece di delimitare terreni,
pretende testardamente di misurare i comportamenti umani, incastrandoli in
aride figure geometriche da cui esce puntualmente schiacciato, poiché come noto
solo l'animo umano riesce a rendere quadrato un cerchio o viceversa, per le sue
innate e criptiche contorsioni e diversificazioni.
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