L'universo non è poi così grande, fidatevi. Risulta più o
meno complesso come lo stradario internettiano di una nostra città attuale, se
si ha in mano la guida giusta. Nel caso serve quella Galattica per
autostoppisti, se vuol andare a rimirare le stelle, i satelliti, i buchi neri e
tutta quella bizzarra cosa fatta di galassie chissà che altro. Se ne rende
conto anche il nostro Arthur Dent, uomo molto common e poco people, nel senso
che è tipicamente tipico e senza grandi svolazzi, ma nello stesso tempo nutre qualche
diffidenza sarcastica, schizofrenica a paranoica nelle giornate storte, nei
confronti della gente umana tutta. Peraltro gli stanno distruggendo casa per
fare spazio ad una tangenziale, anche se ha pagato le tasse ed aveva il condono
edilizio ha il suo giusto momento no. Per fortuna che fa un incontro di quelli
memorabili, che possono cambiare una vita o anche due, ovvero un alieno
originario di Betelgeuse, Ford Prefect, uno dei tanti ghost-writer postmoderni
che stanno acquisendo informazioni per la nuova redazione della Guida Galattica
di cui si diceva, una di quelle uscite editoriali storiche e magiche che però
devono rendere merito a chi non compare nei titoli di coda.
04 agosto 2015
Guida galattica per autostoppisti (Douglas Adams)
31 luglio 2015
La vita segreta di J. Edgar Hoover (Anthony Summers)
Povero mister J. Edgar Hoover. Fa quasi pena. Un vero dramma.
Una terribile condanna gli pende sul capo. Interi decenni a fare lo stesso
lavoro. Alla faccia della flessibilità auspicata dal nostro Presidente Monti,
oggi. Che lavoro, poi. Non sta in catena di montaggio, non scava per decenni
nei tunnel angusti di una miniera, non coltiva patate nel deserto aspettando le
piogge benefiche. Il suo è uno di quegli impieghi che meritano di far
rispolverare una delle battute più citate ovunque, oramai più che da bar da
social network, ovvero "è uno sporco lavoro ma qualcuno dovrà pur
farlo".
Già. Peccato che il suo sia un incarico non solo gravoso, ma uno di quelli
decisivi per scrivere la vita, non quella tua personale, ma di decine e decine,
centinaia di persone. Una attività che alla fine serve per allacciare i fili di
quella massa disordinata e gelatinosa che qualcuno chiama trama della Storia.
Perché alla fine mister Hoover, volenti o nolenti, di sicuro nella vita ha
fatto una sola cosa: il direttore del FBI, l'agenzia investigativa federale
degli Stati Uniti d' America, non la caserma di una sperduta frazione
provinciale di uno stato fantoccio o similia. Bene o male che abbia fatto, ha
letteralmente dominato una fetta assai consistente e preponderante, se non
totalizzante, della vita interna di una nazione che a sua volta ha
padroneggiato in lungo e in largo la storia del secondo Novecento e fino alla
fine del secolo scorso, anno più anno meno. Gli Usa, come forse noto, erano il
guru economico, sociale, politico e talvolta musicale dell'Occidente
apparentemente onnipotente.
Mister Hoover, god bless
you, forse.
La velocità di lotta (Andrea Scarabelli)
Sono tempi strani e ci sono strani giorni come cantava un
ispirato Battiato tempo fa. Siamo agli albori di un secolo nuovo eppure siamo
già vecchi e tutto pare invecchiato. Sarà colpa di Internet, dell'euro, dello
zodiaco oppure è solo colpa nostra ed allora, chi è causa del suo mal pianga sé
stesso.
Ci sono diversi modi per descrivere l'algido disagio di questi tempi, il freddo
che fa ed il caldo odore di una vita normale e senza stress che rimane
un'utopia come per me una vacanza a Macondo, che non è in provincia delle
Maldive ma a Fantasilandia.
Storia della mia gente (Edoardo Nesi)
Un romanzo? Forse. Un saggio? Anche. C'era una volta un
paese. Chiamato Italia e messo su, più o meno con la forza da una sola regione,
il Piemonte. C'era poi una volta la Toscana. Questa era un'altra regione, che
alcuni definiscono rossa, ma per milioni di persone è solo bella, ricca,
affascinante. Dentro la regione c'era una città. Si chiamava Prato. E da qui
nasce una storia. Triste, molto. La lettura è vietata ai minori, ai
politicamente scorretti oppure orientati.
Edoardo Nesi è scrittore
e giornalista, pratese del 1954, mette giù una storia come tante che riguarda la
sua città, le sue convinzioni. Lo fa fa in maniera veloce e tutto sommato fatta
bene, lo fa dopo che è successo tutto, dice quello che insomma si sapeva o si
stava sapendo.
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