Perdersi e non ritrovarsi. Cinque racconti. Cinque vite non proprio allo sbando ma sicuramente poco dirette e concentrate, più che altro smarrite, anzi deviate su binari sbagliati. Il cervello, la centrale di comando, ha dato coordinate errate, o forse sono state le intermittenze del cuore a far intraprendere strade impervie e che forse porteranno a nulla. Un classico direte voi ed allora è la novità, il linguaggio, il contesto.
04 agosto 2016
16 luglio 2016
I ragazzi Burgess (Elizabeth Strout)
Quel che non sai tu, quel
che non so io. Epperò alla fine facciamo quadrato, che siamo nel mezzo di un cerchio
che ci stringe
Il preponderante Jim. L’afflitto
e amletico Bob. La complicata Susan. Gli ultimi due son gemelli, separati dalla nascita e con vite diverse, entrambi divorziati, l’altro è il fratello
più grande, ormai noto avocato, adulato da tutti, compresa dalla fedele ed
insicura moglie Helen. Se non che il figlio di Susan, il timido Zach, getta una
testa di maiale dentro una moschea della sua sperduta e amena cittadina del
Maine. Perché lì esiste un problema drammaticamente attuale come la convivenza
fra la neonata comunità somala e gli indigeni. Niente sarà come prima. Perché il
passato passa, anche quel drammatico incidente in cui pare che Bob abbia
causato al morte del apdre sfrenandogli il trattore addosso, a 4 anni. Ma la famiglia è famiglia. Forse.
06 luglio 2016
La terra vista dalla luna (Claudio Morici)
“ A generation without name, ripped and torn/
Nothing to lose, nothing to gain/ Nothing at all” cantava tanto tempo fa con
forza e rabbia un giovane gruppo irlandese sanguigno e travolgente chiamato U2
e guidato da un cantante carismatico e visionario dal nome d’arte Bono Vox.
“Una generazione senza nome, lacerata e tormentata niente da perdere, niente da
guadagnare”, urlava allora Bono, in uno dei tanti loro pezzi giovanili ormai
ingiustamente nell’oblio, “Like a song” per l’esattezza. Ecco appunto si era
agli inizi degli anni ottanta e qualcuno con lungimiranza già gettava uno
sguardo in avanti, confrontandosi con le enormi ed avvolgenti pochezze che
stagnavano d’intorno e si preparavano a fagocitare il nostro futuro, il mio, il
suo, il nostro.
05 luglio 2016
Ulisse da Baghdad (Eric-Emmanuel Schmitt)
"Mi chiamo Saad Saad, che in arabo significa “speranza
speranza” e in inglese “triste triste”. A volte sono Saad Speranza e a volte
Saad Triste, ma agli occhi dei più sono niente."
I maledetti del millennio.
Sudore, malinconia
e tanto, tanto coraggio. Ma anche tristezza, paura e un compito improbo.
Come potrebbe poi sopportare la vita un’aspirante rifugiato
politico che però l'Europa intera (e prima anche l'Onu) bolla come mero
clandestino da rispedire al mittente?
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