Certo
che è difficile sottrarsi al fascino di
Leni Pfeiffer. Quasi impossibile. Come forse la signora Bovary di un secolo
precedente, Leni è una donna magnetica, calamita attenzioni, sorrisi, dubbi,
certezze ed incertezze. A suo modo mitica. Leni è assoluta spontaneità e
naturalezza, sentimento orgoglio, passione. E poi spensieratezza e conclusioni,
sconclusioni e pensieri.
Leni è una donna, anche se di carta, perché vive solo tra le pagine di un
romanzo per certi tratti geniale e per certi versi smisurato e scomposto, che
inchioda lo snodo cruciale della sua storia in anni difficili, memorabili perchè
dannosi, fatti di morte,sangue, tradimento odio e disprezzo, anni di guerra,
anni della seconda guerra mondiale.
L’ambientazione è in Germania, il paese che di guerra ferì e di guerra perì
quasi a metà del secolo ventesimo. Paese che fu reinventato, ricostruito e
distrutto da un orrido megalomane, che seppe conquistare i potenti e soggiogare
le masse per portare rovina a quasi l'intero mondo europeo. Ma non era solo, è
bene ricordarlo. Quelli che materialmente agiscono sono altri, lui era un capo.
Al di là di ciò, risulta oltremodo interessante gettare uno sguardo sulla
seconda guerra mondiale senza le partigianerie di sorta che animano la nostra
letteratura nostrana sul tema, nella terra degli sconfitti, dove il
personaggio principale è una donna a suo modo irripetibile, tratteggiata dalla
penna di uno scrittore ispirato.