18 dicembre 2016

Lolita (Vladimir Nabokov)

“Ognun sta solo sul cuor della terra / ed è subito sera” (Salvatore Quasimodo, cit.).
Lolita, fuoco dei miei lombi. Lo so la conoscete questa frase. No, la storia non ve la racconto. Immagino che la sappiate tutti. Voglio dire Lolita da personaggio letterario è diventato fenomeno e marchio (lolitismo) della memoria collettiva, come sono oramai nel lessico comune kafkiano o bovarismo. Per via diretta o indiretta. Un consiglio: non  cercate moralità, o insegnamenti. Il romanzo non li dà e Nabokov stesso in una illuminante postfazione li esclude.

11 dicembre 2016

A volte ritorno (David Niven)



Diciamo che gli ingredienti c’erano tutti, anche troppo. Per stupire e magari per divertire. Un mondo apparentemente alla deriva e privo di valori non fatui come quello attuale, un Dio che per rilassarsi va a pesca e si perde 400 anni di umanità, un Gesù Cristo che passa il tempo a fumare erba e strimpellando assieme niente di meno che Jimi Hendrix. Alla fine tutto esile,a  volte stantio, molte trovate e poco spessore. Insomma un libro da ombrellone, premesso che non amo questa frase perché non mi appartiene, in spiaggia ho letto anche Faulkner e Kafka per dire e non stonavano affatto.

05 dicembre 2016

Esco a fare due passi (Fabio Volo)

Improponibile giovane Werther, incline al romantico o all' intenso come Francesco Totti all'hockey su ghiaccio, questo Volo senza ali, questo Volo con i piedi radicati a terra e sprofondanti nella melma della banalità, sforna una sorta di diario confessione che fa da splendido contraltare alle pseudo avventure erotiche della Melissa P., regalando una lettura insipida come una saponetta dell'hard discount e proponendo contenuti gustosi come uno yogurt scaduto. Moderno come un'anticaglia ritoccata al computer, ironico come un testamento o un salmo funebre, frizzante come l'acqua di una fontanella frigida e accaldata, questo libro è un impressionante, sconfortante, indomabile affollamento di frasi già sentite, di metafore (?) già ascoltate e di un linguaggio, falsamente gergale, da bar dello sport che probabilmente era vecchio già per il mio caro e defunto nonno.

07 novembre 2016

Un comunista in mutande (Claudia Pineiro)

Lessico famigliare. In salsa argentina. Il dolce suono dei ricordi, anche se talvolta la memoria ingigantisce scrupoli e  rumori e dimentica facilmente i silenzi, gli ardori.
Un padre tanto scomodo ed invadente, quanto imponente. Letteralmente amato, per quello che è, soprattutto per le sue debolezze come solo una figlia e non un 'amante sa e può fare. Una venerazione a volte sarcastica a volte estatica. Quel torace scolpito, quella sua scontrosità impermeabile a tutto, quella sua insolenza anche nella vita di coppia, quel modo che è il suo modo ed ogni papà è bello alla figlia sua, parafrasando un celebre detto napoletano. Da non perdere, per la sua irridente e sapiente semplicità, che ha bisogno di una lettura complice ed un approccio empatico. Argentina, 1976. E niente sarà come prima neanche a casa Pineiro o come volete chiamarli.