Quel Veneto che non ti
aspetti. Certo, miracolo italiano, economia che tira attira e magari in alcuni
casi “stira” i lavoratori. Come no. Bella vita, un pizzico tra coca ed
alcolici, commistioni politiche e vai, tutti in Romania, quando si mette male,
lo Stato prova a fare capolino ed insomma con il solito funzionario di Polizia
bloccato a priori, la presunta produttività e competitività si riduce al solito
girone infernale dantesco fra maneggioni, lussuriosi, qualche sfigato e
l’innocente di turno messo alla gogna e giustiziato, che tanto così va. La
lezione che emerge dalla parabola del Francesco protagonista, nobile rampollo
di famiglia avvocatesca che nelle mani trova solo morte, tradimenti e dolore è
degna di fiction televisiva, cui uno degli autori, Marco Videtta, pare fatto al
caso, almeno da quarta di copertina.
12 gennaio 2016
11 gennaio 2016
Barnabo delle montagne (Dino Buzzati)
La vita. La sfida. La
riservatezza e l'ambizione. La sete, la fame, la paura. Sembrano parole facili,
scontate. Ma non è così. Sono concetti impervi, come la parete di una roccia
scoscesa ardua da scalare. Una favola molto tipicizzata e manierata, ma che rivela già le doti di un Buzzati ancora acerbo ma già alla ricerca di stile e stilemi per dare vita alla sua narrativa. Meno epico e esistenzialista del successivo Il deserto dei Tartari, distante anni luce dalle tematiche dei suoi ultimi romanzi quali Il grande ritratto oppure il più famoso e "scandaloso" Un amore.
08 gennaio 2016
Runaway dream. Born to run e la visione americana di Bruce Springsteen (Louis P. Masur)
Quando nel 1975 sta per
uscire il disco Born to run, Bruce Springsteen, classe 1949, professione rocker
e cantastorie, è considerato un musicista che il futuro può solo distruggere,
professionalmente ed economicamente parlando. Ha tra le dita gli arpeggi giusti
per suonare la sinfonia del successo non solo in patria, ma nel mondo.
18 dicembre 2015
Il grande Gatsby (Francis Scott Fitzgerald)
Eccoci, siamo alla mitica New York e nei suoi dintorni, anni venti del Novecento.
Una generazione jazz, che si è caricata sulle spalle in parte, non senza qualche polemica, la risoluzione della prima guerra mondiale, si affaccia sulla ribalta della vita di una nazione che cresce a dismisura in un ordine caotico, in un disordine ammaliante: gli Stati Uniti. La terra promessa, dove tutto è possibile e l'impossibile è messo al bando.
Il whisky è benzina per mettere in moto vite effimere, ardenti bramosie materiali, amori e tradimenti di ogni ordine e grado.
Un' umanità forte e fiera nelle proprie imperversanti pazzie, un upper class che appare devastata e posseduta dal benessere ed alla ricerca di riempire i propri vuoti esistenziali ballando ora agilmente ora rozzamente nell'ipocrisia permanente di vestirsi ora in rigidi costumi moralisti ora in sgargianti lingerie libertine.
Nick, proveniente della provincia del West, guarda a volte impassibile a volte in preda a solida meraviglia quell'enorme palcoscenico che sembra promettere e non mantenere, questo mondo paludoso e paludato, placido e mellifluo dove ad ogni sguardo, ad ogni festa sembra aprirsi l'universo della scalata sociale ed economica.
Nick abita vicino a Gatsby, coetaneo milionario, uomo discusso ed ammirato, lusingato, misterioso e misterico. Nel frattempo bazzica anche la cugina Daisy, bella come il sole, fragile come il vento quando sbatte contro un muro e cozza contro la granitica e indistruttibile rozzezza del marito, Tom, ex giocatore di football e dalla sensibilità pari a quella d'un bradipo in letargo, ora imperterrito e facoltoso donnaiolo che però tiene al focolare domestico esattamente come ognuno di noi tiene al pasto serale dopo una giornata di stenti e stentorei sacrifici. Tipico esempio di fedele tradimento alla maschile.
Quattro personaggi monumentali, con l'occasionale ma importante presenza alterna e altalenante della sportiva miss Baker, bella e turgidamente saggia con il suo fare brillante e prezioso ma che tende sempre a sciogliersi come fa il più bel gelato nelle torride giornate estive, donna sempre dimidiata e preda alternativamente dell'avere e del pensare di dover avere. In un mondo dove i dialoghi e le azioni spesso si contrastano oppure si annodano fino a strozzare le possibilità e la volontà di determinarsi dentro le fauci dell'inevitabile o del casuale.
Protagonista è la voce narrante di questo Nick cuore freddo ma tenero e passionale, che si districa non sempre magistralmente tra il disincanto che gli proviene dalla prossima matura soglia dei trent'anni d'età e lo stupore inneffabile che coglie chiunque si trovi catapultato da una modesta, pacifica e soporifera dimensione esistenziale di provincia in un mare ora agitato e tempestoso, in balia di venti e correnti, piogge e temporali quale è la jet set society di quella New York che
Fitzgerald, l'autore di questo capolavoro, conosceva bene e che in tanti, negli anni successivi ci hanno dipinto ugualmente, maliarda, matrona, tronfia, ricca e arroccata su suoi privilegi sorti con una nazione americana nata dal nulla e diventata tutto e anche oltre il tutto.
I suoi contraltari, anche loro preda del loro anelito interiore a più puri desideri, a più felici congiunzioni umane, finiscono per annegare nelle loro misere appartenenze ad agiatezze materiali, vittime e carnefici di quella aspirazione a cercare una verità dove il non vero galoppa e trionfa senza remora alcuna.
Chi vincerà nella lotta per dominare l'effimero territorio fra Tom e Gatsby? Daisy recupererà una almeno parziale lucidità di sentimenti? Nick saprà rimanere in piedi in questo terremoto di sensazioni e fibrillazioni che lo circondano?
La bellezza e fulgidità della storia sta nel non incespicare mai nelle balbuzie dell'indulgenza o nei romanticismi dell'amore stile romanzo rosa, anzi, dardeggia senza sosta strali di lucido cinismo, spietato ardore nell'affrontare i caduchi voltafaccia reciproci della coppia in crisi Tom-Daisy con nell'ombra la figura ora ieratica e misteriosa ora puerile e frignante di questo Gatsby apparente mantide e cicala, ma spesso tacchino ripieno da cuocere al forno nei giorni del Ringraziamento che l'America celebra a novembre.
Stile imperfetto, ma inimitabile, poche pause ma con qualche flirtata jazz e sperimentalismi ante litteram, uso calibrato del linguaggio che spesso però si fa vibrante e surreale grazie ad improvvise virate espressioniste, che fuoriescono da ardite metafore, accattivanti paragoni, un uso quasi rituale dei colori della luce e dei riflessi del cielo per maestosamente affrescare tutto ciò che fa trama, sentimento, narrazione.
L'autore Francis Scott Fitzgerald, (1896-1940), leggenda mondana del mondo artistico negli anni venti, uomo con vita spericolata, sempre al limite, in balia dell'alcool e di una moglie bellissima quanto malata, è stato icona, maestro e mentore della narrativa americana (Hemingway, Faulkner...) prima e di quella mondiale poi, sia per la figura bella e dannata, sia appunto per questo romanzo esile, con meno di duecento pagine, che appartiene a quella schiera di opere di rango che hanno segnato non solo un'epoca, ma intere generazioni di scrittori.
Per fare un esempio tangibile ed a noi vicino, Andrea De Carlo deve molto a questo testo, dato che il suo famoso esordio "Treno di panna" (1981) è una rielaborazione neanche tanto nascosta in chiave post moderna, del Grande Gatsby.
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