Donne che scrivono. Donne che
vorrebbero o sono state scritte e che nel miracolo della scrittura aspirano a
disgelare un sentimento ormai surgelato, prossimo alla glaciazione eterna, come
se nessuno calore potesse finalmente scaldare e ridare sapore a ciò che ha
perso gusto. E donne che vorrebbero essere protagoniste ma che invece si
scoprono comparse comparsate, che il palcoscenico è nudo e spoglio e nessuno le
guarda più, oppure donne che non sanno o non possono scrivere, ma che solo
leggendo capiscono che la loro storia è tutt’altro che già scritta, che nel
mondo ci sono centinaia di migliaia di pagine bianche a attendere di essere
riempite, che insomma, questo romanzo della loro vita s’ha da fare, costi quel
che costi.
Uscito nel
1998 e scritto da Michael Cunningham, americano del 1952 ed autore che andrò
sinceramente ad approfondire, vincitore per quel che conta del Pulitzer nel
1999, “Le ore” ha visto una riuscitissima traduzione cinematografica con la regia
di Sthepen Daldry, ( di recente sugi schermi con “The reader”) con attrici come
la Streep, la Kidman e la Moore. Uno dei rari casi in cui la trasposizione non
perde il confronto con il libro ed anzi il tutto ne esce arricchito e ancor più
vigoroso e struggente.