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14 giugno 2014
Altri libertini (Pier Vittorio Tondelli)
13 giugno 2014
Quel che resta del giorno (Kazuo Ishiguro)
Questa notte
è ancora nostra?
Facciamo di sì. Che poi notte vuol dire ed è tante cose.

C’è
una notte che si approssima e come tutte le notti porterà un tanto buio e forse
uno o più spicchi di luna nelle vite degli umani. C’è questa eterna metafora
dello scorrere del tempo che poi tante volte pare rimanere fermo, questo insito
richiamo al “cogli l’attimo” di oraziana memoria, ma poi, di che attimo
parliamo e come cogliere e poi, tutto questo, andatelo a dire a chi comincia a
titubare, temere, quasi avere paura che non sempre dopo questa notte ci sarà
comunque un alba come istrioneggiava il carismatico leader del gruppo rock dei
Doors, pavoneggiandosi in un età e grazie all’aiuto di droghe che anche se
effimere regalano sempre luci e poche ombre, tranne quando ti svegli e devi
fare i conti con il cervello e il fegato malmessi.
11 giugno 2014
Norwegian wood (Haruki Murakami)
Toru, Naoko, Nagasawa, Midori, Reiko. Cinque protagonisti di cui quattro ragazzi studenti ed una quasi quarantenne dal corpo scattante, ma dall'animo incupito da un passato difficile e strozzato da problemi psichiatrici. Estrazione sociale diversa, destini differenti. Siamo nel Giappone, raccontato da un nipponico di Tokyo, nato nel 1949, che ha viaggiato molto (romanzo scritto fra l'Italia e la Grecia, per esempio, nel 1986) e che già con il suo esordio narrativo nel 1979, ha destabilizzato la tradizione narrativa nipponica.
Ambientazione nel sessantotto e dintorni. Il pop rompe gli argini e diventa fenomeno di massa interplanetario con i Beatles, di cui Norwegian wood è un più o meno famoso pezzo. Sugli schermi esce Il laureato con Dustin Hoffmann, i giovani si immedesimano con la storia ed i protagonisti della storia, e al film il libro deve più di qualche atteggiamento e spunto, non solo perché più volte citato, ma perché lì come qui si narra dell'impatto dello studente con il mondo degli affetti adulti o adulterati, dove il problema è non solo dare spazio e sfogo agli ormoni in rivolta ma capire e conoscere la profondità dell'altro, avere quella che si chiama un relazione.
10 giugno 2014
Con gli occhi chiusi (Federigo Tozzi)
L'odore del sesso? Perché no, citando una canzone dello stereotipato Ligabue. Con gli occhi chiusi ma i sensi tutti vigili e in allerta. Siena, Toscana, inizio Novecento.
Pietro è un ragazzino, scosso da fremiti interiori e avvinghiato dal silenzio, strozzato dalla timidezza, affossato dal padre rozzo e manesco, uomo tutto "roba" e risparmio, che si divide fra la bettola di proprietà e il podere ma l'affetto non sa dove sia di casa.
Il ragazzo prova indistinti ma indistruttibili pruriti dettati dagli odori che nessuna madre può annusare, che nessun padre anche violento può vietare, che nessuna forza famigliare può arrestare insomma, anche se però teme, ché la campagna non assorbe e l'adolescenza, invece, soffre.
Pietro si innamora. E nulla sarà come prima, si sa.
Pietro è un ragazzino, scosso da fremiti interiori e avvinghiato dal silenzio, strozzato dalla timidezza, affossato dal padre rozzo e manesco, uomo tutto "roba" e risparmio, che si divide fra la bettola di proprietà e il podere ma l'affetto non sa dove sia di casa.
Il ragazzo prova indistinti ma indistruttibili pruriti dettati dagli odori che nessuna madre può annusare, che nessun padre anche violento può vietare, che nessuna forza famigliare può arrestare insomma, anche se però teme, ché la campagna non assorbe e l'adolescenza, invece, soffre.
Pietro si innamora. E nulla sarà come prima, si sa.
Saltempo (Stefano Benni)
Il futuro
c'est moi . Ma conviene poi?
Leggere il futuro, a ben pensarci, non è un premio, ma una
condanna.
Guardare un tipo negli occhi e sapere con precisione quale fine farà, come da
bravo e completo essere assolverà il suo compito da umano . Ed il tempo passa,
inesorabile.
Oppure capire che chi ami in quel momento prima o poi se ne andrà, sbattendo la porta.
Ti rovini la sorpresa. il rumore di una porta che sbatte fa spazio nel cuore per un'altra stanza.
Non deve essere eccitante. Assolutamente. Meglio tenersi il presente e se capita ricordare che il passato, nel bene e nel male, è passato.
Oppure capire che chi ami in quel momento prima o poi se ne andrà, sbattendo la porta.
Ti rovini la sorpresa. il rumore di una porta che sbatte fa spazio nel cuore per un'altra stanza.
Non deve essere eccitante. Assolutamente. Meglio tenersi il presente e se capita ricordare che il passato, nel bene e nel male, è passato.
Tag:
recensione,
romanzo,
Saltatempo,
stefano benni
05 giugno 2014
Un amore (Dino Buzzati)
E' un anonimo grigio mattino del 1960, il 9 febbraio. Lo stimato e riservato architetto Antonio Dorigo come sua usuale prassi chiama la sua casa di appuntamenti preferita. Una abitudine consolidata, senza alcuna remora morale. La casa è perfetta. Discrezione, clima cordiale, ottime proposte di appagamento sessuale. Si trovano facilmente accordo, orario, modalità, soddisfazione celere della richiesta. E l'eccitazione monta. Ma Dorigo, come molti esseri umani, non sa che il destino si fa spesso beffe delle nostre certezze, anche quando tutto splendidamente appare “sicuro e propizio per un borghese nel pieno della vita, intelligente, corrotto, ricco e fortunato”.
Svegliarsi. Preparare la colazione, salutare il marito, accudire
tre figli, nessuna fatica, un immenso amore che travasa, trabocca, rabbocca,
alla faccia del diabete. Aprile è il mese più crudele cantava il poeta Eliot e
purtroppo per Rose questo 3 aprile sarà di una crudeltà inaudita e invincibile.
Il marito infatti, valigie in mano, se ne va. Non è finita una storia, a sua
detta pare che non sia mai iniziata e dunque. Ovviamente lui ha un'altra, a
quell'età è facile mollare tutto e dire ricominciamo, in fondo che costa
lasciare sola lei e tre ragazzi, i soldi comunque ci sono. Storie di ordinario abbandono, quella volgarità comune e legittima chiamata separazione e poi
divorzio, un bel giorno un coniuge si sveglia, decide che quegli anni insieme
si possono fottere ed allora addio. In genere le giustificazioni non ci sono. Anche se a differenza di questo caso, non è solo voglia di avere un altro, più che un'altra vita. Vabbe.
Ora Laide è lì, sul divano. Il nuovo acquisto che la casa può tranquillamente offrire a chi ne ha voglia. Non pare un colpo di fulmine, anzi. La bocca dalle labbra non sensuali ma maliziose, la mancanza di rossetto, no, sembra solo che ci sia da soddisfare nel migliore modo possibile una voglia, altro che amore, ci mancherebbe. Peraltro si tratta di una minorenne, compiacente completamente, non solo disponibile ma assolutamente in sua balìa. Però. C’è sempre un però.
Forse gli ricorda qualcuno, forse no. Un incontro di qualche mese fa, fugace, per le strade di questa città non nominata ma che assomiglia moltissimo a Milano. Un incontro senza costrutto, ma che ha lasciato tracce indelebili, a quanto pare, anche se allora non si fosse proferita nemmeno parola. Dorigo però non ha tempo da perdere. Che sesso sia.
Ma non finisce con l’amplesso consumato. Stavolta no. Laide ha in sé la splendida imperfezione della sua giovane età e non pare soffrire eccessivi pesi della sua condizione di prostituta né peli sulla lingua. È mansueta nei limiti che la sua professione le impone, ma sa domandare, rispondere oppure no. Dorigo, forte della sua posizione, inizierà come una sorta di gioco, ma lui è ancora un bimbo nel relazionarsi, ancora puerile ed indifeso, non può accorgersi che il dramma bussa alla porta del suo cuore e del suo cervello. Convinto com’è di saper dominare istinti e passioni, condurre le danze, la indistruttibile e inafferrabile Laide saprà fargli ripensare il proprio mondo, o forse no. Da controllore a controllato. Niente sarà come prima, neanche il sesso. Ora il gioco si farà duro. Aprire una relazione, chiuderla, continuarla a pagamento o renderla affettivamente “normale” e stabile? Laide non pare così remissiva, anzi. Ha tutta la vita davanti, la coscienza del proprio corpo e la voglia di non lasciarsi soffocare l'esistenza in una schiavitù.
Romanzo per così dire se vogliamo scandaloso, considerata la sua pubblicazione nel 1963, molto ben prima della cosiddetta rivoluzione sessuale, Un amore è un'opera che si stacca nettamente dalla abituale produzione di Dino Buzzati, autore forse un poco relegato ai margini dalla onnipresente corrente realista italiota,
ma capace di offrire per decenni una desueta - per la nostra tradizione - narrativa fantastica, specie con le centinaia di racconti sparsi nelle diverse raccolte pubblicate e il suo indimenticabile capolavoro romanzesco "Il Deserto dei Tartari". È un romanzo che può suscitare anche un certo disgusto nel giudicare le persone coinvolte e far provare certa amara repulsione per il desiderio di possesso che permea le pagine e a volte sembra quasi non far respirare. Ha un suo perverso fascino nello scandagliare miti e pulsione della borghesia ben agiata, magari credente, che si lascia travolgere dalla libido e dalla gelosia. Buzzati, bellunese (1906-1972) ma trapinatato a Milano per lavoro, celibe fino ai sessant'anni, giornalista del Corriere della sera oltre che scrittore, tornerà poco e malvolentieri su questa sua quinta ed ultima prova romanzesca, non specificando mai se questa sua brusca sterzata stilistica e contenutistica fosse dettata anche da esigenze autobiografiche, da pensieri inconfessabili, da realtà vissute o solo sognate.. Rimane certo il fatto che in quegli anni in Italia questo tipo di narrativa non era certo una novità.
Era del 1959 per esempio la traduzione di Lolita di Nabokov, dai temi quantomeno scabrosi moralmente parlando e nel 1960 per esempio uscì La noia di Moravia che pur non essendo una storia del tutto simile, ne precede alcuni elementi, specie quelli dell'uomo padrone che alla fine padrone non è, forse neanche di se stesso.
Un grigiume solido e sordido che mai si sbianca o diventa un colore più tenero o più sgargiante. Un amore? no, un errore. Errare è umano, perseverare come Dorigo diventa diabolicamente autolesionista,
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Un amore
04 giugno 2014
La metà di niente (Catherine Dunne)
Romanzo criminale (Giancarlo De Cataldo)
Magari fosse solo fiction, invece è realtà ben narrata. Eccola qui Roma. Non quella del Colosseo, di Piazza san Pietro, di Trastevere. Qui c'è Roma dell'immaginario fantapolitico che putroppo si immagina bene, Roma padrona e ladrona, Roma capitale del meccanismo imperfetto e perverso che ha figliato questa Italia povera e confusa del 2000.
"Quanto sei bbella, stamattina". E già, Roma capoccia del mondo infame, come cantava un Venditti che ormai non c'è più. Come ormai non c'è (quasi) più l'enigma della banda dellla Magliana, quattro "tossichelli" coatti che diventano padroni della Capitale. Roba davvero da romanzo, questo "Scarface" de noantri molto ben fatto.
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