L'altro giorno
non so perché ero alla stazione Termini, Roma, caput mundi secoli fa, la città
delle città, si diceva una volta. Ma era una volta, ed ora è svoltata, né a
destra né a sinistra ma verso un precipizio. Alla biglietteria, dopo una fila
nervosa ed estenuante invece che il solito biglietto per il mio tragicomico e
sferragliante regionale che ci mette anni per coprire metri, ho chiesto
all'addetto un biglietto per Quinnipack. Ovviamente non era disponibile,
perché quella città non esiste, anche nei nostri tempi, di alte velocità, Tav,
trasporti veloci e comodi certe mete sono irraggiungibili esattamente come i
vostri cellulari a volte sordi e ciechi, senza campo, voce, senza nulla.
Ho abbandonato sul momento l'idea di un viaggio così,non valeva la pena di. Ma
mi sarebbe piaciuto, per un giorno, visitare questo luogo che non c'è, come a
volte mi sarebbe stato gradito fare un salto a Macondo di cui mi parlò un certo
sudamericano di qualità ineccepibile quale Gabriel Garcia Marquez. Perché, come
forse avrete intuito in questa realtà a volte amara a volte solo
incomprensibile, a mio parere solo la letteratura può regalare un cambio di
prospettiva ed offrire una nuova geografia mentale e spirituale. Il potere
della parola logora chi non ce l'ha.
Quinnipack è
solo la capitale del regno fantastico e realistico, allo stesso tempo, che
Alessandro Baricco, nell'ormai lontano, ahimé, 1991, costruì, anzi architettò,
per dare spazio, ambiente e aria ad una serie di personaggi che erano ad un
bilico, ossessionati da qualche meravigliosa e delirante, fatua ossessione ma
convinti di poterla non solo desiderare, ma anche realizzare.