Ecco,
lo so, ci verrebbe da dire, aggiungere, togliere, misurare. Perché questo è un
romanzo che induce all'azione, sia quel che sia. Parla di trentenni e non ai
ventenni. Strano,come no. Tre ragazzi. L'avventura. La voglia, l'arsura. Magari
anche la paura, perché il difficile è avere coraggio, come spesso mi dico e
racconto agli altri, ogni giorno è difficile, ogni anno racchiude tante
disperazioni, ma avvicinarsi ai trenta anni e superarli oggi non è un salto nel
buio ma forse di più, con la sicurezza che finalmente quel nulla che ti pesava
non è una sensazione, ma una reazione, azione, mozione. E soprattutto il farsi
un sacco di pippe mentali con la paghetta settimanale e senza malattie gravi
accertate può sfociare nella grafomania, ma non è arte. E' parodia, nulla, non
esplode.
23 luglio 2015
22 luglio 2015
22/11/1963 (Sthepen King)
Carpe diem certo. Eppure però tutti vorremo tornare
nel passato. Per cambiare il futuro, ovvero il nostro presente. Magari per
azzeccare una combinazione al superenalotto che già conosciamo e fare soldi,
mettersi a posto. O incontrare la donna o l'uomo giusto. Oppure.
Perché talvolta non si cerca il destino personale, da cambiare, ma quello
dell'intera umanità. Per insomma rendere questa vecchia e malata terra
migliore. Ma siamo sicuri che cambiare un episodio sia poi così conveniente,
che quella illogica concatenazione di cause ed effetti di cui noi siamo meri
attori e non registi non provochi il peggio, un male assai peggiore? Già.
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Stephen King
21 luglio 2015
Brucia Troia (Sandro Veronesi)
Bruciano stilemi e convenzioni,
connvizioni sociali. Fuoco, fiamme e lampi di genio fino a sfiorare gli abissi
della pazzia più folle, barlumi di amori sospirati ma mai abbracciati,
scintille di speranza, roghi di illusioni. Ma poi anche fumo che soffoca,
cenere, caos. E vento. Dispersione, disillusione, disincanto, frana, rovina.
Frantumi, macerie e nessuna ricomposizione possibile di un magico e fragile
puzzle esistenziale.
Non c'è pace ma molta guerra
interiore nelle anime turbolente e illividite che vivono nel santuario presso
la collina, dove un prete visionario e quasi ferocemente religioso accudisce
con poca grazia, assieme a sgraziate suore, orfani senza nome né madre,
orfanotrofio più o meno regolare.
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Brucia troia,
recensione,
romanzo,
Sandro Veronesi
01 luglio 2015
Occhio per occhio (Sandro Veronesi)
Dalle lontane lande
russe, fredde e per certi versi spietate e ciniche nelle sue efferate e contorte
sentenze di giudizio, alle assolate e più notorie terre californiane, dove
sole, benessere e american dream non impediscono comunque la messa a morte
anche se di criminali assassini, anche se solamente sbandati teen ager.
Quattro storie, tratte dalla cronaca, vere e documentate. Russia, Usa e poi dal
caotico, dittatoriale Sudan, infestato dal morbo delle ideologie religiose e
dove s’annida e germoglia il tragico seme del fondamentalismo alle funeste e
fustigabili leggi di Taiwan, paese che si ammanta di essere l’unica Cina
democratica ma che punisce con la massima e assolutistica pena un rapimento,
considerato molto più nocivo e dannabile di un omicidio nel suo ordinamento. Ecco Veronesi versione saggio romanzato, sull'orme dell'inimitabile Truman Capote di A sangue freddo.
A sangue freddo (Truman Capote)
La famiglia Clutter è quasi plastica nel suo morigerato
incarnare il modello familiare agricolo di un nucleo che vive nel Middle west
statunitense, Holcomb precisamente, nelle sterminate pianure del Kansas che
sono una sorta di granaio per l'intera sterminata nazione. Herbert è il padre
padrone, self made man, lineare quanto e quando si può, fiero di sé stesso,
apparentemente senza mai un dubbio, una debolezza, una. Poi ci sono la moglie
Bonnie, classica madre di famiglia e due figli poco più che adolescenti, Nancy,
e poi il ragazzo, Kenyon. Due ragazzi come tanti, forse un po' di più, forse un
po' di meno. Finiranno male, purtroppo. Tutti. L'ennesima tragedia dettata
dalla follia umana. Siamo della stessa sostanza dei sogni poetava il buon
Shakespeare, ma a volte somigliamo più ad incubi paurosi. Perché questa
famiglia, con le sue rigidità, le sue aspirazioni, le sue abitudini, il suo
lavoro, sparirà in poche ore da incubo.
30 giugno 2015
Misery non deve morire (Stephen King)
La vendetta del lettore. Quell'oscuro co-protagonista di ogni opera letteraria che prende in mano la situazione.
Non osate più turbare Annie Wilkies,
vi prego, me ne avrei a male. Lei è particolarmente irritabile, potrebbe anche
non perdonare, nella sua inumana e perfida dolcezza, in quel suo senso di amore
ed amare che sfiora la più morbosa possessività. In fondo legge romanzi rosa,
si è innamorata di un'eroina di una serie di largo successo, tal Misery, in
fondo nella sua efferata natura serial killer si nasconde l'animo di una
fanciullina in fiore, "sognosa" e trasognante, quasi una fiaba fatta
di possente corporatura ed istinti indomiti e violenti. Sarà che è sola. Sarà
che non ha un aspetto di quelli esattamente perturbanti, oppure che siano degni
di sguardi concupiscenti. Sarà che magari abitare nella oscura, immensa,
desertica ed asfissiante provincia statunitense, nel cuore di sterminate regioni
fatte di pub, distributori di benzina, vaccari (cow-boys), neve e desolazione
d'inverno e molto silenzio d'estate, sicuramente niente aiuta a socializzare ad
essere socializzati, ad insomma sviluppare le più elementari capacità
relazionali.
29 giugno 2015
La prosivendola (Daniel Pennac)
Di nome e cognome fa Benjamin Malauessene. Niente di
anormale. Peccato che invece sia atipico il resto. L'età è indefinita, di stato
civile è celibe ma è comunque innamoratissimo della procace giornalista Julie.
Suo malgrado è come un padre famiglia di un nucleo composito e spropositato, ai
limiti del surreale. Vivono tutti assieme allegramente e certo non si annoiano.
Impossibile. Ci sono estremi, estremisti, quanto basta per tessere l'elogio
della diversità. E poi il suo lavoro. Il capro espiatorio, non so se mi spiego. E la continua sfortuna di imbbattersi in accadimenti complicatissimi.
24 giugno 2015
Il giocatore invisibile (Giuseppe Pontiggia)
Il professore corre, si stanca, piange, si infuria.
All’improvviso, sulle fondamenta nella sua cementificata attività lavorativa di
sommo vate universitario, appaiono crepe destabilizzanti. E’ lui l’inesorabile
ed irresoluto protagonista, anche quando non è presente o anche quando tace.
Questo è un romanzo dove la sostanza e le impressioni sono quelle non dette e
non riportate, dove il silenzio e l’assenza sono molto più significative delle
presenze di cera che si sciolgono al calore del fuoco della vita oppure delle
parole che vengon dette solo per opportunità, casualità, abitudine.
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