In
fondo tutti, ma proprio tutti, forse anche Federico Moccia, siamo
stati un po’ Sandokan in adolescenza (ed a volte l’adolescenza
dura una vita). E in questo romanzo lui non c’è, ma ci sono le sue
atmosfere. E poi se compare anche Corto Maltese, beh ad uno come me
che non ha mai letto fumetti “adulti” vien voglia di leggerlo.
Non ho mai bazzicato nemmeno alla lontana la lunga epopea creata da
Ugo Pratt e dedicata all’ombroso, ribelloide e libertario
personaggio in questione. Ma la versione romanzata di una delle più
famose e “mitiche” graphic novel ha il suo fascino.
"Che altri si vantino delle pagine che hanno scritto; io sono orgoglioso di quelle che ho letto." (J.L. Borges)
mercoledì 21 novembre 2018
venerdì 16 novembre 2018
Un uomo sulla soglia (Nicole Krauss)
La
memoria, questa sconosciuta. Siamo veramente sicuri di voler
ricordare? Perché senza ricordo la vita appare un’altra. Non è
detto che sia meglio della passata ed obliata, ma comunque dà un
‘altra possibilità. Siam della stessa consistenza dei sogni,
diceva un certo Shakespeare, e quindi quando arriva la mattina, dopo
un attimo, svaniamo, aggiungo io. Ma d’altronde io e William
(Shakespeare) non ci siamo mai parlati e forse, alla fine, entrambi
non siamo neanche esistiti, se non nei ricordi degli altri.
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domenica 21 ottobre 2018
Le assaggiatrici ( Rossella Postorino)
Le assaggiatrici. In verità testano cibo per
Hitler. Detto così pare un romanzo erotico, ma non lo è. Si parla di nazismo,
Furher e tante altre cose. Basi interessanti ma sviluppi a volte non
convincenti. La volitività e capacità femminile, la violenza maschile, le invidie
fra donne. Nessuna prospettiva se non affidarsi al destino e rispettare i propri doveri. Ma esposto in modo molto cool, già sentito,
C’è questa Rosa che è piena di spine, emigrata
da Berlino in campagna dai suoceri e quindi all’improvviso scelta per provare i
cibi che il capo indiscusso del nazismo dovrà ingurgitare. Sono tutte donne.
Differenti ed uguali. Si aiutano, si contestano, si invidiano. Loro non lo vedono
il Capo, ma lo proteggono, sono in dieci uguali una all’altra nel compito, ma
diverse come storia, passato, presente e futuro. L a protagonista ha un marito
disperso in Russia, una avversione congenita ai metodi delle SS , una voglia di
amore anche fisico pazzesca anche se quel mondo di amore ne regala poco, fra bombe, attentanti
e la invadente sensazione che il Capo dei capi sarà sconfitto.
Tensione, dolore, raccapriccio e anche
capriccio, confusione, disperdersi e ritrovarsi. Una narrazione molto triste,
dove tutti perdono eppure hanno voglia di vivere, chi di qua, chi di là, non
conta, è questa tensione a vivere che ci anima e ricompensa anche quando il
mondo fuori pare impazzire.
Bello a tratti con passaggi di notevole fattura,
ma romanzo che non si tiene, a volte decade, a volte risorge, insomma
discontinuo. Parlo di stile, ritmo e trama. La Postorino denota grandi capacità
di scrittura ma assai meno talento nel confezionare una storia che sia
convincente, nonostante l'intuizione di fondo. Inconciliabili o impossibili i due o tre passaggi onirici sui sogni, impaludati
alcuni snodi della trama. Da rivedere, perché sicuramente vale dieci volte Silvia Avallone, ma cade nello stesso errore
della Mazzucco, troppo tanto per così troppo poco. Bello per voglia e
scrittura. Però rimane una Solitudine dei numeri primi, nel senso bella l’idea,
ma poi ci si perde.
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venerdì 12 ottobre 2018
Patria (Fernando Aramburu)
Txato non c’è più. Morto assassinato. Non voleva più pagare
quelle che riteneva estorsioni ed allora i militanti dell’Eta lo hanno punito. Bastardi terroristi li appella Bittori, sua
moglie, a cui da quel giorno si è spento il mattino, desolato il pomeriggio,
atterrita la notte. Ma è andata avanti. Anche grazie all’odio. Verso la
famiglia della sua amica più cara, Miren, che tra i suoi tre figli ha anche
Joxe Mari, oramai in carcere e incriminato dell’omicidio. Le
guerre non sono mai razionali, specie quelle fratricide e si sa si vincono o perdono.
Ma poi come la mettiamo se sono due famiglie legate sin dalla nascita a darsi
battaglia?
Romanzo d’altri tempi. Granitico, poderoso,
lineare anche nel suo continuo districarsi fra piani temporali diversi, con
magistrali cambi di punto di vista, che arricchiscono e non indeboliscono il
dipanarsi di una trama avvincente per i contenuti più che per le azioni. Una
storia semplice e terribile. Le due donne protagoniste sono di quelle che
lasciano il segno. Testarde, scontrose eppure così piene d’amore per merito e
figli, dure, incallite dai giorni e dai fatti della vita eppure così fragili,
solari, a volte commoventi. Non da meno i comprimari, a partire dai due mariti,
l’assassinato, fiero e indomito quanto cocciuto e testardo e il suo alterego,
Joxian, che in cambio delle sue uscite al bar e le gite in biciletta sopporta
le sfuriate della sanguigna moglie Miren con inettitudine e rassegnazione. E
poi i figli. Quelli colpiti dal lutto sono l’enigmatico, apprensivo e solitario medico Xavier e sua sorella, la
desperate housewife Nerea. Dall’altra, oltre a Joxe Mari, rapito in gioventù
dal sogno velleitario della rivoluzione e maturato a forza in prigionia, la sorella
Aranxta, oramai in sedia a rotelle dopo un’ischemia improvvisa e nefasta, ma ancora viva e piena di vita e di amore e Gorka, il
fratello più piccolo, cresciuto in disparte, poeta e scrittore nonché gay
conclamato ma a suo modo risolto e felice.
Un umanità varia, con tutte le sue solitudini,
aspirazioni a volte forti a volte confuse, a volte così semplici da fare
invidia. Una storia come tante con sullo sfondo la lotta politica in cui
Aramburu non prende mai decisamente parte, anche se è evidente che ne detesta
ragioni e soprattutto conseguenze. E con la netta sensazione che in certi
conflitti alla fine non vince nessuno e perdono un po’ tutti, chi più e chi
meno.
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lunedì 24 settembre 2018
Vinpeel degli orizzonti (Peppe Millanta)
Vinpeel medita sul da farsi, ora che è riuscito finalmente ad
avere un contatto con Mune, la giovane ragazza bionda piombata dal nulla a
Dinterbild in una notte buia e tempestosa, come sempre accade da quelle parti
quando arriva qualcuno probabilmente dalle sconosciute terre dell’Altrove. Ora
bisogna capire chi sia veramente questa bella bambina dai capelli affascinanti,
lei che è stata adottata dalla donna più bella ed altera del luogo. Chissà che
ne penserà Padre Earl, il confessore indomito ed infaticabile di Vinpeel, anche
se il ragazzo si mette a nudo quotidianamente, perché nel corso della sua
confessione vuole anche carpire consigli sulla vita terrena, oltre che le
giuste punizioni per i suoi peccati, tutto sommato veniali. Nel frattempo nella
comunità proseguono le normali e rituali ricorrenze, il gioco del lancio del
nano, le ubriacature o magari le feste nella indistruttibile “Locanda Biton”,
il cui nome deriva da una storia di lavori mal effettuati sull’insegna. In ogni
caso tramite saggi espedienti appositamente congeniati con l’amico Doan,
bisogna scoprire assolutamente cosa si cela dietro misteri inspiegabili, dalle
luci del mare alla storia della gamba di legno che il suo padrone ha gettato
via nel mare. Krisheb è creduto pazzo, ma chissà mai che si siano sbagliati ed
invece potrebbe avere risposte alle domande anche dopo il suo gesto
incomprensibile,
Magico, fiabesco, a volte sin quasi
a sfiorare addirittura l’esoterico, ma senza incombenti riti satanici o
disastri universali. Tutto è apparentemente usuale e normale, tranne che
l’imponderabile diviene forma e sostanza. Un non-luogo con i confini del microcosmo
appartato: se preferite uno spazio di una geografia mentale e non fisica, dove
accade anche l’impossibile eppure la vita è fatta di rituali gesti quotidiani,
talmente tipici e consueti che spesso diventano accettabili anche nella loro
piena surrealtà. Nessuna traccia di onirismo, solo realismo magico, senza per
forza voler scomodare quello che viene definito un genere che ha fatto epoca
quando fu coniato per etichettare la narrativa di Gabriel García Márquez, qui
assolutamente estraneo e distante come toni, temi e stile. Più che altro la
scrittura ha notevoli assonanze lessicali e stilistiche, direi innegabili, con
Baricco, almeno quello degli esordi scintillanti e lontani di Castelli
di rabbia ed Oceano mare. Anche la
struttura risente profondamente di quell’influsso, ma i risvolti sono comunque
originali ed ariosi. Si respira libertà, anche se la vita offre purtroppo tante
difficoltà da affrontare ed allora ci affidiamo alla capacità innegabile di una
scrittura che sa suggestionare.
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mercoledì 5 settembre 2018
Giuliano (Gore Vidal)
Libanio e Prisco l’Epirota. Si scambiano lettere. A
volte confidenze, oppure si lasciano andare a dispute dotte. Ormai sono vecchi.
Più di metà della vita possibile se ne è andata. Ma gli rimane un cruccio.
Riabilitare l’imperatore romano Giuliano l’apostata, ingiustamente denigrato
per questioni prima politiche che socio-religiose. I suoi successori vogliono l’oblio
oppure la calunnia. Ma questo non è possibile, anche se i cristiani ormai sono
infinitamente più potenti di qualunque senato o corte imperiale.
Mi rimane ancora oscuro come sia possibile che il narratore
statunitense Gore Vidal sia ancora relegato fra i minori o perlomeno non sia
uno dei più noti. Magari vorrei dire perché magari omosessuale, ma in fondo era
coetaneo di Truman Capote. Schietto, preciso, mai prolisso o autoreferenziale
come l’osannato Roth, questo scrittore indaga sui misteri della storia umana
non senza lanciare strali verso quello o quest’atteggiamento politico, verso
questo o quello misero errare umano, specie se l’uomo in questione è un
imperatore romano all’apice dell’espansione del regno e però prossimo alla sua
rapida e invincibile caduta.
Leggendolo mi è venuto Augustus di Williams, che credo
gli debba molto per struttura e intenzioni, che se vogliamo più intimo, ma non meno bello.
Certo che la Roma di quei tempi affascina, per la sua solidità ed il suo coraggio,
la sua capacità di reagire e quella di politicare, inteso in senso lato.
Fa mestizia pensare alla Roma di oggi, ma son passati
duemila anni e i millenni invecchiano anche gli Highlander,
figuriamoci un
impero.
Bello, anche se a volte deve imbattersi in qualche
disputa filosofica volta a spiegare la figura di un uomo che voleva ellenizzare
Roma ed finito con una morte indegna come molti predecessori e successori,
perché come recitava Ottaviano quel che conta è Roma e non chi la comanda. Ed i cristiani non potevano essere contenti di essre messi alla porta da un ellenizzante qualsiasi, Una
curiosità: acquistai questo libro perché pensavo parlasse non di un romano
Augusto, ma di Salvatore Giuliano, il bandito o eroe che dir si voglia di una
Sicilia che fu. Invece ho letto una bella fiction su una realtà inoppugnabile:
il cristianesimo per l’impero romano è stata la fine.
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mercoledì 29 agosto 2018
La morte della Pizia (Friedrich Durrenmatt)
"La verità esiste in quanto tale solo se non la si tormenta".
Oggi
parleremo di Edipo. Non del complesso, oramai sviscerato da più parti, ma di un
ragazzo segnato sin da giovane per commettere atti impuri. Il suo carnefice è
una sacerdotessa che è nota per vedere il futuro, anche se è talmente vecchia e
stanca che nemmeno pensa al passato, ma a come possa terminare il suo presente.
Si chiama Pizia e per decenni è stata un punto di riferimento per gente comune
ed anche abili politicanti come Tiresia. Sta lentamente morendo. E certo che la
vicenda che ha sconvolto la vita di Tebe e gli scenari di potere la vede come
innegabile protagonista. Volendo fare un atroce scherzo in realtà ha provocato
una lunga reazione a catena che ha seminato morte e rancore.
Un
racconto lungo di quelli che lasciano il segno. Niente divagazioni niente
pause, una corsa contro il tempo. E Durrenmatt mostra le sue innegabile doti di
narratore puro, con una scrittura lucida ed aggressiva seppur giocoforza legata
ai suoi tempi coevi, ma intensamente moderna ed efficace. Un sarcasmo corrosivo,
più che ironico, cinico. Un pattern decisamente
a struttura centripeta, sempre di più ci si inabissa delle miserie umane e si arriva al nucleo, dove una volta ancora il fallace desiderio umano di se non predire il futuro
almeno di incamminare gli eventi verso una direzione, si rivela impossibile. La verità, questa sconosciuta. Inafferrabile come il tempo, per gli esseri umani rimarrà sempre e solo una chimera.
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domenica 26 agosto 2018
Gli aquiloni (Romain Gary)
Inseguire l’azzurro. Per colorare la nostra vita un po' grigia, a volte, anzi spesso, al di là delle contingenze. Già, l'azzurro, quello là, sopra le nostre teste.Non il principe, miei cari
romantici, ma il cielo. Sono come Icaro, ricordate? Perché gli aquiloni, un po’
come i nostri desideri, volano in alto e vogliono salire più che possono, sono
tutti come quel mitologico eroe che poi s’è bruciato o meglio è caduto perché è
arrivato troppo vicino al sole e le ali si son squagliate. Romanzo furbo e
ammiccante, che denota una certa padronanza dei mezzi, questo di Romain Gary.
Inizio folgorante, sviluppo melenso, finale ben architettato. Una storia di
formazione. Dove il contesto è drammatico, nella provincia francese, prima
minacciata poi invasa dall’orda tronfia e inarrestabile dei tedeschi nella
seconda guerra mondiale.
I due protagonisti principali si inseguono. O meglio
non si trovano come sarebbe umanamente giusto.
Uno ha trovato l’amore della vita, ma la vita glielo
porta via.
Lei sia atteggia, lo fa soffrire ma poi lo inebria e
vive una vita che non andrebbe vissuta, tra la guerra mondiale, le
deportazioni, la guerra e l’incredibile peccato di essere ebrea.
Un attaccamento alla famiglia in senso lato come
vorace, capace di mangiarti qualsiasi appetito e renderti diverso. Una storia
travagliata che poi però non decolla mai. Alla fine l’unico che interessa, uno
zio noto e sognatore, che costruisce aquiloni e subisce la guerra come la
mancanza di vento, scompare troppo presto e ci troviamo nella narrazione un
giovane innamorato ed inverosimile partigiano da una parte ed una ex nobile
altezzosa alle prese con la più bieca sopravvivenza. A volte sfiorano il
patetico i distacchi e poi i ritorni, in uno sfondo dove il caos, la morte e la
disperazione regnano sovrani. Più convincenti e veri i personaggi secondari,
ricchi di vizi e virtù e vita vissuta. Si poteva fare di più e meglio, ma i
gusti son gusti e lo scrittore, come si sa, fa come gli pare. Rimane che
inseguire l’azzurro è un’attività che necessita talento e non è per tutti
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domenica 12 agosto 2018
Piccoli suicidi fra amici (Arto Paasilinna)
Il
maldestro ma risoluto Onni Rellonen fa conoscenza del militaresco colonnello Hermanni
Kemppainen in uno di quei momenti in cui si cerca la massima solitudine: un
tentativo di suicidarsi. Avendo scampato il gesto efferato, i due decidono che
è meglio farlo assieme ad altri come loro, è più facile, meno possibilità di imprevisti
o ripensamenti. Arruolano la bella e dannata Helena Puusaari e mettono in atto il
loro progetto. Ma niente sarà come prima, compresa la vita e la morte. O quel
che ne rimane .
Trovati
un momento topico, drammatico, catartico e ancestrale come il suicidio.
Ambientalo nella remota e tutto sommato sconosciuta Finlandia, dato che il
mito dei paesi nordici in genere è stato scippato dalla tria de
Danimarca-Svezia-Norvegia. Mettici un tre personaggi bizzarri scarsamente
tratteggiati, per niente indimenticabili ma funzionali.
La
ricetta è un romanzetto easy, dal finale scontato, con qualche trovata bizzarramente sarcastica, magari anche originale e suadente.
A
parte scoprire che il finlandese Paasilina è dotato di uno humour a volte dai
sapori mediterranei, Piccoli suicidi fra amici è un divertissment letterario che però personalmente fatico a definire romanzo, con una trama banalotta, un
romanzo di formazione per una serie di disperati e sbeffeggiati dall’autore,
che manche di ritmo e profondità. Si può fare
e regalare divertimento anche con un romanzo, ma c’è chi lo ha fatto
meglio, almeno per me.
Insomma
una mezza delusione, a parte l’aver appreso gli ettolitri di alcol che
ingurgitano i nativi del remoto paese scandinavo ed aver apprezzato alcune
notazioni sulla fierezza di un popolo minuscolo ma molto legato al proprio
territorio. Il resto francamente mi apre poco, a volte quasi niente, troppo
superficiale o solo accennato.
Sarà
stata magari la traduzione, ma lo stile è piatto. E le encomiabili avventure di
decine di depressi che hanno fallito l’annientamento per sfiga o ripensamenti
vacillanti, diventerà una ricerca di una nuova vita ripensando costantemente
al tentativo di finirla, una storia che però non aspira ad insegnare qualcosa, ma
a diventare una ironica barzelletta neanche troppo divertente. Mandare un
messaggio encomiabile in modo originale e ammiccante è pretesa interessante ma
non è detto che sia alla portata di tutti.
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domenica 5 agosto 2018
Sorgo rosso (Mo Yan)
Questa Cina una volta così lontana, ora così
vicina, anzi ormai compenetrata al mondo occidentale. Le sue lotte, le sue
indipendenze e dipendenze. Una storia con sviluppo temporale non lineare, dove
l’ultimo erede di una famiglia insofferente e ribelle ripercorre i passi
salienti dei suoi avi, nonni e genitori in particolare.
Luoghi remoti di in paese vastissimo ed ormai
superaffollato, durante gli anni violenti e devastanti delle tensioni interne,
fra giapponesi invasori, comunisti ribelli e nazionalisti.
Un violento casino, dove però ci sono
sentimenti, di tutte le razze e le geografie sentimentali. Amore odio coraggio
paura e a volte anche un po’ di follia
Un incedere sempre compassato indirizza la
narrazione su più piani temporali, in un periodo dove l’area cinese interessata
dalla storia è solcata e a volte violentata dalle crude e impietosi leggi di
una guerra. E domina il paesaggio il sorgo, da dove viene distillato sapientemente
da quelle parti un vino memorabile che nessuno sa perché sia così buono. Il
segreto sta nel mischiarlo con l’urina ed uno di quei trucchi che non si
possono svelare. Ed è comunque un sorgo rosso, come il sangue, che scorre a
fiotti su queste terre dove la pace ha dimenticato di alloggiare anche un solo
secondo.
Nella folle caducità umana, nella baraonda degli
eventi casuali che sviluppano le vite di ciascuno, una sorta di elogio della
lentezza dei momenti che contano, anche se alla fine paiono crudeltà e violenza a sopraffare ogni efflato di amore. Yu Zhan'ao, il protagonista narrato dal
nipote, è uno di quei personaggi che si ama o si odia, vittima e carnefice,
eroe e brigante, innamorato e promiscuo, simbolo della ineffabile imperfezione
umana. Echi del Marquez più famoso, in particolare sulla tragica ineluttabilità del destino e sulla cadenza ancestrale del nostro essere, ma sono dettagli.
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mercoledì 9 maggio 2018
La tela del ragno (Sergio Flamigni)
Non si faceva che parlare di ciò. Niente cartoni animati, o regali per il prossimo compleanno. Questo Moro era invadente, era nei cuori e negli occhi di tutti noi. Anche di chi non l'aveva mai visto o sentito e neanche immaginava chi fosse. Nell'epoca in cui finalmente arrivavano le cosiddette televisioni libere, la onnipresente Rai faceva il proprio comodo, i telegiornali non avevano contraddittorio, ammesso e non concesso che in futuro sia venuto il tutto, dopo il lutto. Era il 1978, quarant'anni fa.
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domenica 6 maggio 2018
Purity (Jonathan Franzen)
No, non siamo puri. Ma siamo soli, ecco. Abbiamo bisogno di purità? Nel senso, vogliamo essere candidi, senza macchia e senza paura, come i cavalieri o i principi (principesse) azzurri? O forse alla fine questo torbido che ci annacqua e sporca bisogna accettarlo e farsene una ragione. Nel senso farci vedere senza schermi, essere liberi ma diversi quanto uguali ed accettare le conseguenze. Certo che io non lo so, ci mancherebbe. Trovo il mondo un po’ opaco, perché anche le più grandi sincerità nascondono un velo di tristezza ed un certo scudo invisibile che serve a proteggersi, come i supereroi della Marvel. La purezza questa sconosciuta. Trattasi di categoria spirituale o di atteggiamento verso la vita o verso gli altri? Il nodo scorsoio in cui è stretto il nocciolo del significato di questo romano di Franzen è una domanda alla fine senza una risposta assolutoria ed apodittica. Impossibile peraltro, anche per uno scrittore congetturale. Se non siamo proprio angeli, non è colpa della sfiga. Perché bene e male, qualunque accezione vogliamo dargli, abitano dentro di noi. Anche voi eh, mica siete esenti.
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sabato 3 marzo 2018
Il paese delle meraviglie (Giuseppe Culicchia)
Il paese delle meraviglie. Come è da bambini. Ma poi. Si cresce, è un obbligo, tutti i panorami, le scene cambiano prospettiva, colore, tonalità, tutto quello che insomma si chiama semplicemente significato. E il paese delle meraviglie, passata l'età della falsa ed ingannevole cuccagna diventa l'Italia attuale, una sorta di repubblica delle banane. Siamo negli settanta, ai margini della metropoli. Molte cose sono cambiate. O forse no. L’adolescenza di Attilio, tra episodi buffi, qualche goffaggine e qualche drammatica scelta senza ritorno. M'altronde piccoli si nasce, il problema è se ci si diventa.
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mercoledì 28 febbraio 2018
Prima dell'alba (Paolo Malaguti)
"Per carità, capita anche che si arrivi in alto con le proprie gambe. Ma nella banale quotidianità dei servitori dello Stato, Malossi ha fin troppo presto imparato come la conoscenza conti infinitamente più della bravura”. C’era del marcio in Danimarca raccontava Shakespeare, figuriamoci in Italia, anche se siamo ai tempi della dittatura fascista. Solo i figli di papà riescono a schivare le mille insidie sottese in un lavoro come quello di poliziotto. Ma infatti Ottaviano Malossi maledice che il caso sia stato affidato a lui, fumando nervosamente l’ennesima sigaretta. Un uomo morto sul pendio di fianco alle rotaie. Caduto dal treno in corsa. Omicidio o tragica fatalità? Sarebbe già un bel grattacapo per chiunque. Se non fosse che la vittima è Graziani, pluridecorato generale della prima guerra mondiale. E nessuno sa cosa accadde veramente tanti anni fa, dopo la rotta di Caporetto, quando il Vecio e gli sparuti resti dell’armata cui faceva parte battevano in disperata ritirata e l’assassinato in questione era ispettore capo per la vigilanza sull’ordine e la disciplina dello sconfitto esercito italiano.
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domenica 25 febbraio 2018
Middlesex (Jeffrey Eugenides)
Come si fa a spiegare che una lettura ti è piaciuta a metà? Metà
cosa, metà come. Eppure è così. Se poi il romanzo narra le vicende di un essere
umano il cui sesso si è bizzarramente fuso e confuso, regalando un corpo che
evidenzia un duplice genere ed il titolo è Middlesex, beh, il gioco è fatto.
In un'epoca dove tradizionali (e sicuramente anacronistiche)
barriere di genere sessuale stano molto lentamente sgretolandosi, un romanzo
come questo calza a pennello. Premesso che è uscito anni fa. Anche se poi alla
fine risulta più essere un romanzo di formazione che sociologico, un romanzo
psicologico o psicologista dove però vengono aperti ampi squarci su vicende
storiche dai risolti tragici ma considerate minori e quindi dimenticate. Alla
ricerca del sesso perduto. In senso di genere, non azione. Perché un conto
essere maschio, un altro femmina. Il disastro è essere tutti e due. O nessuno
precisamente.
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martedì 20 febbraio 2018
Memoriale (Paolo Volponi)
In
tempi iperproduttivi come i nostri, il concetto di lavoro è essenziale.
L'attività occupa gran parte dei nostri secondi, minuti, ore a disposizione. Ed
è, perlomeno nella nostra italietta allo sfascio, anche di drammatica attualità
il concetto di sicurezza lavorativa, di condizioni "umane" sul
lavoro. Premessa asettica per la lettura dell'esordio narrativo di Paolo
Volponi (1924 -1994), poeta e narratore, scrittore impegnato, senatore a
partire dal 1983, eletto nelle liste del Pci e poi approdato a Rifondazione,
che fu anche dirigente della Olivetti, in cui entrò nel 1956, mentre a partire
dagli anni Settanta collaborò con la Fiat, entrando presto in contrasto con la
dirigenza per le sue prese di posizione politiche .
In tempi iperproduttivi come i nostri, il concetto di lavoro è essenziale. L'attività occupa gran parte dei nostri secondi, minuti, ore a disposizione. Ed è, perlomeno nella nostra italietta allo sfascio, anche di drammatica attualità il concetto di sicurezza lavorativa, di condizioni "umane" sul lavoro. Premessa asettica per la lettura dell'esordio narrativo di Paolo Volponi (1924 -1994), poeta e narratore, scrittore impegnato, senatore a partire dal 1983, eletto nelle liste del Pci e poi approdato a Rifondazione, che fu anche dirigente della Olivetti, in cui entrò nel 1956, mentre a partire dagli anni Settanta collaborò con la Fiat, entrando presto in contrasto con la dirigenza per le sue prese di posizione politiche ."Memoriale", uscito nel lontano 1962,
è una storia ancora attuale che vede come unico ed indiscusso protagonista ed
io narrante Albino Saluggia, uomo kafkiano e complesso che potrebbe essere
anche uno di noi, in questi tempi moderni che corrono e scivolano via, benché la
sua comparsa nel mondo letterario risale a 60 anni fa. Una storia che discetta sul fatto che Esistere è un diritto, non certo un insopportabile e lugubre dovere.
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mercoledì 14 febbraio 2018
Underworld (Don De Lillo)
Quante domande ci e si pone De Lillo in questo romanzo
poderoso? Abbastanza. Alcune anche con risposta motivata, il che non guasta e
rende l’opera oltre che imponente anche importante. In una folle vertiginosa
corsa. Perché il tutto è strutturato su ripetuti salti temporali in avanti o
all’indietro, con continui cambi di prospettiva, segnati senza sosta dal passaggio
della narrazione dalla prima alla terza persona, dal discorso indiretto al
monologo interiore. Scorrono così cinquanta anni di Stati Uniti raccontati da
un autore che lo vogliano ammettere o meno, ha segnato tutti i narratori
contemporanei made in Usa, un po’ come fece Twain ad inizio Novecento. E
pensare che la struttura portante del libro è una pallina da baseball. Magica a suo modo.
Ovvero quella che fu protagonista di un fuoricampo con cui il 3 ottobre 1951 Bobby Thomson dei New York Giants consegnò
la sua squadra alla storia battendo i Brooklyn Dodgers di Ralph Branca. E che passerà
di mano in mano, in maniera avventurosa, fino ai giorni nostri, protagonista a
suo modo in decine di altre esistenze.
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Underwold"
sabato 10 febbraio 2018
Sognando la luna (Michael Chabon)
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
(G. Leopardi)
Da Leopardi ai Pink Floyd, passando per astronomi e ciarlatani, la luna ha attraversato la storia dell’uomo. Sogno, ispirazione poetica, oscuro oggetto del desiderio scientifico, allusione, il satellite della Terra a suo modo è diventato parte dell’immaginario collettivo esulando dalla sua natura meramente fisica. E il vero protagonista di questa composita biografia romanzata, che mescola al suo interno realtà e finzione fino a diventare un affascinate romanzo, vede un uomo che ha come paradigma esistenziale andare a vivere sulla luna. Ergo abbandonare questo mondo dove non si trova a suo agio. Un Barney (personaggio di un noto romanzo di Richler) meno iracondo, più silenzioso, testardo ma non prepotente, raccontato dal nipote.
L’America intro e post seconda guerra mondiale,
così come vissuta dalla comunità ebraica di cui fa solo nominalmente fa parte,
vista la totale ritrosia ad accettarne le regole in toto. E una storia d’amore,
quella con sua moglie, nutrita da un passato burrascoso, un presente difficile
e un futuro che spesso sembra non voler sorridere ma lo si affronta senza
remora. Le belle storie non sono quelle importanti, ma quelle in cui per magia
o per empatia, entri a farne parte e non vorresti uscirne più.
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michel chabon,
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sognando la luna
mercoledì 7 febbraio 2018
L'eleganza del riccio (Muriel Barbery)
Parigi. Rue de Grenelle, numero civico 7. L'elegante condominio,
abitato da facoltosi alto borghesi parigini, rivela in realtà quasi una natura
di zoo. Ci sono serpenti velenosi che sibilano silenziosamente sui difetti dei
vicini, scimmie impomatate che solo da lontano ricordano l'affabilità di una
donna o la perspicacia di un uomo, tigri sdentate, tartarughe timide e via
dicendo. Strani questi uomini, assomigliano davvero agli animali nei loro
bislacchi comportamenti, nelle loro ostentate e ridicole velleità, nelle loro
turbolente invidie, nel loro sguaiato desiderare, emancipare, decidere, amare.
Il problema è che sono intelligenti. Nel senso che le loro disastrose azioni talvolta le pensano persino e quindi i danni o i dissidi procurati sono elevati alla milionesima (im)potenza.
Il problema è che sono intelligenti. Nel senso che le loro disastrose azioni talvolta le pensano persino e quindi i danni o i dissidi procurati sono elevati alla milionesima (im)potenza.
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venerdì 2 febbraio 2018
Canto della pianura (Kent Haruf)
Doveva prima o poi succedere che leggessi anche Haruf.
Complice la mia leggendaria distrazione, son partito dal secondo capitolo di
una trilogia invece che dal primo. Dal mezzo insomma, come nel mezzo del cammin
di nostra vita sono quasi tutti protagonisti di questa storia, al di là che
abbiano diciassette o settant’anni, poiché gli sbagli propri o quelli altrui li
mettono davanti a delle scelte. Romanzo costruito su più punti di vista che
raccontano le proprie vicende che alla fine vengono assorbite da un’unica
grande storia, quella del nostro quotidiano fatto di normai disturbanze,
improvvisi cambiamenti che ci cambiano tutto eppure ci lasciano così come
siamo. Essere umani, con tutto ciò che questo comporta. Una narrazione dal
piglio sicuro e senza fronzoli pervasa di intensa umanità.
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lunedì 29 gennaio 2018
Ruggine americana (Philipp Meyer)
Isaac English. Billy Poe. Due ragazzi ancora.
Eppure quanta vita alle spalle. Il primo ha perso la madre ed ha dovuto badare
al bisbetico padre per anni, mentre la sorella sfruttava l’intelligenza di cui
sono dotati entrambi per andarsene, laurearsi e sposarsi lontano, più lontano
possibile. L’altro ha visto l’irascibile padre sbevazzone andarsene via, la
madre appassire come le margherite in autunno e l’unica speranza che gli
rimane, se tiene duro e non da di matto come gli capita, può sfuggire al
destino grazie al football americano ma fa del tutto per non cogliere l’attimo,
come se avesse messo radici nella casa materna, traballante e sporca fino all’estremo
di rabbia e solitudine. Ce la faranno a sfuggire al destino?
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domenica 28 gennaio 2018
Amore, Prozac e altre curiosità (Lucia Etxebarria)
L’amore a Madrid, in questi tempi di anoressia
sentimentale, di incomprensibile fretta e di fugacità delle relazioni: anche
quelle durature nascondono crepe che possono sprofondarti in voragini maniaco
depressive. Tre donne, sole, solissime. Ma ognuna vive una solitudine diversa,
che alla fine si integra con quella delle altre mandando al mondo un unico
messaggio: ma al mondo come si può amare e soprattutto è davvero tanto difficile?
Che poi alla fine non è vero che la colpa di ciò è soltanto degli uomini. O
delle discriminazioni sessuali. O delle congiunzioni astrali. La vita è difficile,
punto, E ci vuole voglia e coraggio per affrontarla in tutti i suoi aspetti,
non rinchiudendosi in un aspetto chiuso e parziale che alla fine diventa
claustrofobico.
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